Di fronte al diffondersi dell’epidemia, questi predatori non rappresentano un problema, ma una soluzione.
Peste suina, il ruolo (inaspettato) del lupo: questi predatori non solo non costituiscono un veicolo di contagio, ma possono addirittura contrastarla. Questo perché, cibandosi di animali infetti, il virus muore nell’intestino. Lo spiega Piemonte Parchi, il periodico online di divulgazione scientifica delle aree protette della Regione.
“Uno studio condotto analizzando campioni di feci nelle aree della Polonia riporta la conclusione che quando i lupi consumano carne di cinghiale positivo alla peste suina africana, il virus non sopravvive al passaggio attraverso il tratto intestinale” – si legge nel testo ‘La peste suina spiegata bene’ – “Inoltre, i lupi possono limitare la trasmissione rimuovendo le carogne infettive“.
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Nel pezzo di approfondimento, Piemonte Parchi ricorda anche che la peste suina non è una zoonosi e quindi non si trasmette all’uomo, ma ha una letalità vicina al 100% per tutti i suini, con la morte che può arrivare ad una distanza compresa tra i 3 e i 10 giorni dalla comparsa dei sintomi. L’onda epidemica ha una velocità (stimata) tra i 20 e i 40 chilometri all’anno e non esistono cure né vaccini (l’ostacolo insormontabile per la ricerca è che il virus non scatena l’attività anticorpale).
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La peste suina africana si diffonde per contatto diretto tra gli animali ma può essere portata anche dagli uomini, attraverso veicoli, abbigliamento e attrezzature. Fermarne la diffusione è fondamentale perché minaccia il comparto degli allevamenti suinicoli, che in Italia vale tre miliardi di euro (il 5,7% dell’agricoltura e il 20% della zootecnia) ai quali vanno aggiunti altri otto miliardi della salumeria, con le sue 21 Dop e 20 Igp.