Sono dipendenti da metanfetamina, caffeina, antidepressivi e pillole anticoncezionali, i pesci di fiume sono sempre più drogati e affetti da ansia, loro malgrado.
Proprio nei fiumi finiscono in concentrazioni elevate le sostanze che l’uomo produce, assume e poi butta. Un problema per i pesci che vivono in acque inquinate da farmaci e sostanze stupefacenti finendo per sviluppare una vera e propria dipendenza, quando non cambiano di sesso come quelli esposti a concentrazioni elevate di estrogeno sintetico proveniente dalle pillole anticoncezionali.
Un problema che coinvolge anche l’uomo poiché potremmo mangiare animali esposti a questo tipo di sostanze.
Un articolo del Guardian ha messo insieme i dati scientifici a disposizione sul fenomeno. L’esempio tipico degli effetti a catena che possono essere generati è quello dell’antinfiammatorio Dicolofenac, dato al bestiame in Asia che ha ridotto la popolazione di avvoltoi indiani del 97%, a quel punto poiché gli avvoltoi non mangiavano più le carcasse del bestiame queste venivano divorate dai cani facendo esplodere i casi di rabbia proprio nei cani. Uno studio recente ha riscontrato la presenza di almeno una sostanza capace di minacciare la salute degli animali nel 43,5% dei 1052 siti analizzati.
In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Sustainability gli scienziati hanno chiesto alle aziende farmaceutiche di diventare più ecosostenibili proprio a causa degli effetti che gli scarti dei loro farmaci hanno sulla fauna marina.
Si richiede di controllare il modo in cui i farmaci vengono prodotti e in cui vengono smaltiti. Farmaci più ecologici permetterebbero di minimizzare gli effetti deleteri sulla fauna dopo lo smaltimento.