Il co-fondatore di Greenpeace e fondatore di Sea Shepherd, arrestato in Danimarca, rischia l’estradizione in Giappone per aver contrastato la caccia alle balene.
Paul Watson resterà in carcere fino al 5 settembre, data in cui si terrà una nuova udienza e in cui potrebbe essere decisa, da parte del ministro della Giustizia danese, la tanto temuta estradizione in Giappone. Il co-fondatore di Greenpeace e fondatore e presidente di Sea Shepherd, arrestato in Danimarca il 21 luglio scorso, è accusato dalle autorità nipponiche di aver ferito un marinaio nel 2010, durante una delle tante campagne contro la caccia alle balene.
“Abbiamo deciso di appellarci alla decisione del Tribunale che ha prolungato la detenzione, è inaccettabile che in udienza non ci sia stato permesso di mostrare documenti e video” – ha spiegato Julie Stage, tra gli avvocati di Paul Watson – “Chiediamo al Ministero della Giustizia danese di respingere quanto prima la richiesta di estradizione del Giappone. Le accuse contro Paul Watson non hanno fondamento, sono costruite appositamente per fermare chi si batte contro la caccia illegale alle balene“.
Poco prima dell’udienza che ha stabilito il prolungamento della detenzione in carcere, Paul Watson aveva dichiarato ai giudici: “Per me è ovvio che il Giappone stia cercando di vendicarsi dopo l’umiliazione internazionale causata dalla nota serie televisiva Whale Wars, che riportava le nostre azioni contro la baleniere. I miei due bambini, però, hanno bisogno di me più di quanto il Giappone abbia bisogno della sua vendetta“.
Paul Watson era stato arrestato il 21 luglio scorso a Nuuk, in Groenlandia, dove la sua nave aveva fatto tappa per rifornimenti. I suoi avvocati, ma anche tanti attivisti in giro per il mondo e anche esponenti politici internazionali, hanno chiesto pubblicamente la sua scarcerazione, sottolineando la sproporzione della detenzione, giunta sulla base di prove dubbie, e la mancanza di un traduttore durante la prima udienza successiva all’arresto. Inoltre, in diverse città del mondo, Roma compresa, ci sono stati alcuni sit-in di protesta davanti alle ambasciate danesi per chiedere il rilascio immediato.