Olio di Palma spremuto a freddo, un ottimo prodotto dagli interessanti valori nutrizionali. Peccato che solo l’uno per cento della sua produzione sia dedicato a questa pratica. Ciò che muove profondi interessi economici è il suo utilizzo in larga scala a scapito di salute umana, ambientale e animale.
Come per la maggior parte degli oli da semi – l’olio di palma in realtà è il frutto della palma da olio – la loro trasformazione industriale ne mina le proprietà nutrizionali rendendoli addirittura deleteri per la salute. Di per se già questo basterebbe ma l’olio di palma è molto di più: è devastazione incontrollata delle foreste con uno spaventoso rilascio di CO2 nell’ atmosfera, oltre a centinaia di residui tossici inalati per anni dalle popolazioni limitrofe. Sarà facile un giorno ricordare questi atti come crimini all’umanità. Ogni anno nel Sud est asiatico oltre 110.000 di persone muoiono prematuramente a causa delle nubi tossiche originate dagli incendi forestali, fenomeno conosciuto come “Musim Kabut”, ovvero la stagione del fumo. Molte specie animali come la tigre, il rinoceronte di Sumatra e gli oranghi – simboli dell’ Indonesia – rischiano ora l’estinzione.
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E’ importante sottolineare come la riduzione delle foreste corre di pari passo con l’assorbimento di CO2, erbicidi e pesticidi, chiudendo il cerchio e decretando di fatto la morte del suolo. Ricordiamo che foreste e oceani sono i più importanti fattori nell’assorbimento di CO2: noi umani, invece, ne siamo la causa quasi totale. Dall’eccessiva quantità di CO2 deriva l’innalzamento delle temperature con conseguenti reazioni a catena a discapito di noi stessi e dell’intero pianeta intero. Una devastazione insostenibile priva di qualunque argomentazione plausibile. Se da un lato l’olio di palma è un ottimo conservante, di grande produttività e necessita di poca acqua, dall’altro è contrario a qualunque principio di economia circolare. Potrebbe essere più sostenibile con le corrette certificazioni di qualità e provenienza ma per il momento le foreste bruciano e le persone muoiono, senza avere nulla in cambio. Se saranno le stesse aziende a voler porre rimedio in modo attivo alla salvaguardia del pianeta, potremmo allora sederci a un tavolo e parlare di sostenibilità. Intanto Greenpeace ha protestato contro la Wilmar accusandola di non aver rispettato gli accordi presi con la Onlus stessa: “Avevano promesso di rimediare alle loro azioni, ma non l’ hanno fatto”, la loro denuncia. Anche se la protesta pacifica era stata comunicata al Capitano del cargo diretto a Rotterdam della Wilmar, sei attivisti sono stati arrestati ed attualmente sono ancora trattenuti all’ interno della Stolt Tenacity.