Qualche giorno fa l’Ue ha annunciato di voler aprire agli OGM prodotti con nuove tecniche di gene-editing. Lo scorso 29 aprile infatti, la Commissione europea ha pubblicato uno studio sulle NBTs che sostiene che i nuovi OGM hanno un potenziale positivo per l’agricoltura europea che non può essere sottovalutato.
È bene che Bruxelles, sostiene lo studio, aggiorni la normativa dal momento che la direttiva sugli OGM del 2001 non copre adeguatamente i nuovi OGM e le tecniche di ultima generazione come il gene-editing o mutagenesi diretta.
Parte del documento è basato sul parere dell’Easac, l’Accademia delle scienze europea che riunisce tutti gli enti nazionali, e che nel 2020 aveva ‘blindato’ i nuovi OGM.
Secondo l’Easac, il consenso della comunità scientifica indica che gli organismi geneticamente modificati di nuova generazione non sono dannosi.
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Ma le cose non stanno proprio così.
A replicare al documento sono ENSSER (European Network of Scientists for Social and Environmental Responsibility) e CSS (Critical Scientists Switzerland), due reti europee di scienziati.
ENSSER e CSS replicano al documento con 200 studi scientifici che sostengono che i nuovi OGM non sono sicuri, o che non esistono prove sufficienti e conclusive.
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La replica afferma in buona sostanza che gli studi effettuati “dimostrano che gli OGM esistenti non sono riusciti a fornire i benefici annunciati, come un controllo efficace di erbe infestanti e parassiti, resistenza alle malattie, tolleranza alla siccità, miglioramento del valore nutritivo e aumento delle rese”.
“Mostrano inoltre – si legge ancora – le conseguenze ecologiche ed economiche della contaminazione genetica, nonché gli effetti dannosi per gli agricoltori su piccola scala”.
Nello specifico, gli studi ignorati sul gene-editing “dimostrano che, contrariamente alle loro (dell’EASAC) affermazioni, le alterazioni genetiche causate da questi metodi sono fondamentalmente diverse dalle mutazioni naturali”.