OGM mais, per uno studio italiano non ci sono rischi per la salute. Nessuna evidenza che il mais ogm sia rischioso per la salute di uomini e animali.
È quanto risulta da una ricerca condotta dalla Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa.
Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, ha analizzato i dati sulle colture negli Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa ed Australia a partire dal 1996 fino al 2016.
“Abbiamo deciso di fare questa ricerca per rispondere in modo scientifico alla domanda circa le conseguenze del mais transgenico, alla quale finora non c’era risposta” – ha detto Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna.
Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.
La metanalisi si è basata su 11.699 dati estratti da circa 6000 articoli pubblicati su riviste scientifiche accreditate “sulle produzioni; la qualità della granella (incluso il contenuto in micotossine); l’effetto sugli insetti target e non-target; i cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie; perdite di peso della biomassa ed emissione di anidride carbonica dal suolo”.
“Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente” – ha specificato Ercoli, che poi ha spiegato come lo studio abbia riguardato esclusivamente l’elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l’interpretazione ‘politica’ dei medesimi”.
Della ricerca hanno fatto parte solo “dati già pubblicati dalla letteratura a patto che fossero di buona qualità. Quindi – ha proseguito Ercoli – sono stati selezionato i dati in modo da poter confrontare piante transgeniche e piante dello stesso tipo non e transgeniche”.
Sono state considerati “solo i dati relativi alle coltivazioni in pieno campo e avvenute nelle stesse condizioni, in modo che le eventuali differenze fossero attribuibili solo alla modificazione genetica”.
Estratti tutti i dati, un software ha permesso di avere una sintesi.
Dall’analisi, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6% al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%).
Attualmente il 12% delle colture nel mondo è ogm e, in assenza di dati certi, finora 38 Paesi (19 dei quali europei) hanno vietato queste coltivazioni, nonostante permettano di importare cibi ottenuti da ogm.
Sono state anche cercate le risposte relative alle tossine.
Sempre sulla base dello studio, è emerso un quadro che non lascia spazio a dubbi.
“Credo – ha rilevato Ercoli – che la ricerca scientifica abbia un ruolo importante di indirizzo e nel fornire conoscenze che siano serie e ben fondate. Siamo interessati nel proseguire sulle altre colture ogm più comuni, ossia quelle di soia, cotone e canola“.
Positive le reazioni del mondo scientifico: per il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), “i nuovi dati sono una conferma importante”.
Soddisfatta anche la Confagricoltura, per la quale “vent’anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani, più di 125 milioni di euro all’anno di mancato guadagno”.
Critica invece la Coldiretti, per la quale, mentre continua il dibattito scientifico, i pareri dei cittadini restano fortemente diffidenti agli organismi geneticamente modificati nel piatto.
Secondo i dati diffusi da Coldiretti/Ixè, dopo un’indagine sui rischi per la salute del mais transgenico, quasi 7 cittadini su 10 (69%) considerano gli alimenti con organismi geneticamente modificati (Ogm) meno salutari di quelli tradizionali, mentre l’81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente.
“Se gli ogm non fanno male alla salute sono dannosi per la biodiversità” – replicano i Verdi Angelo Bonelli e Gianluca Carrabs.
Mentre per Greenpeace, continuano a essere “un freno per l’innovazione ecologica in agricoltura”.
L’Italia, in ogni caso, resta uno dei 17 Paesi europei che ha scelto di non coltivare piante ogm sul proprio territorio, sulla base della direttiva del 2017.
L’unica pianta transgenica che ha licenza di essere coltivata in Europa, un mais resistente alla piralide, resta confinata in cinque Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania).