Nucleare, quel pasticciaccio tutto italiano del Deposito Nazionale di scorie radioattive

Nucleare, quel pasticciaccio tutto italiano del Deposito Nazionale di scorie radioattive

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Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la lista delle aeree idonee ad ospitare il deposito di rifiuti nucleari. Ma ha anche aperto alle autocandidature di chi non è (ancora) idoneo

Nell’epopea del Deposito Nazionale di scorie nucleari che l’Italia ancora non ha ma di cui ha bisogno si aggiunge un nuovo capitolo. A firmarlo è il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica che qualche giorno fa ha pubblicato – con un ritardo di diversi mesi – la mappa delle aree idonee che individua le zone dove è possibile realizzare in Italia il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco tecnologico ad esso associato.

Si tratta di 51 aeree (scelte tra le 67 individuate in precedenza) che, secondo i tecnici, possono ospitare la costruzione di una gigantesca struttura nella quale per 300 anni dovranno essere stoccati i circa 50mila metri cubi di materiale radioattivo di scarto prodotti dalle centrali nucleari dal 1963 al 1990 oltre che gli scarti delle attività di medicina nucleare e di ricerca.

La pubblicazione della CNAI, la Carta Nazionale delle Aree Idonee ad ospitare il Deposito di scorie nucleari, però, non aggiunge e non toglie niente a un dato di fatto che si conosce da tempo: nessuna delle popolazioni che abitano quei territori vuole quel deposito.

Per questo motivo il governo Meloni ha deciso sin da subito di affiancare all’approccio utilizzato dai precedenti governi, un approccio totalmente diverso. Fino ad oggi si era tentata la carta della decisione calata dall’alto. E cioè: i tecnici hanno individuato i luoghi idonei ad ospitare il deposito e la politica avrebbe dovuto decidere tra questi dove metterlo. Un approccio fallimentare considerando che le popolazioni di questi territori hanno già preparato le barricate nel caso in cui fosse necessario.

E allora l’unica alternativa è invertire il processo. E così il governo ha dato la possibilità ai Comuni – anche a quelli che non rientrano tra le aree idonee – di autocandidarsi ad ospitare il deposito nucleare. E solo successivamente capire se le cause di esclusione dell’idoneità possono essere superate. Una cosa, in effetti, possibilissima considerando che in molti casi la causa di esclusione è la destinazione agricola dei terreni che può essere cancellata con un semplice colpo di spugna normativo.

Ma perché i comuni dovrebbero propendere per l’autocandidatura? Perché in ballo c’è una montagna di soldi. Intanto un investimento pubblico da 900 milioni di euro. Poi 4mila posti di lavori per la costruzione e tra i 700 e i mille posti di lavoro per la gestione.

In un modo o nell’altro una soluzione va trovata. Perché quei 50mila metri cubi di spazzatura radioattiva oggi si trovano o all’estero (ma presto rientreranno) o in depositi poco sicuri in Italia. Insomma, trovare un posto in cui stoccarli permanentemente è ormai necessario. Una questione di sicurezza nazionale. 

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