L’obiettivo appena dichiarato dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, è realistico o troppo ambizioso? La parola al Prof. Marco E. Ricotti, docente di Impianti nucleari del Politecnico di Milano.
L’Italia potrebbe tornare al nucleare e lo ha indicato chiaramente nell’aggiornamento al Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) inviato alla Commissione europea. Si punta a raggiungere l’11% di energia atomica nel mix nazionale al 2050 ma il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, ha dichiarato che si tratta di un obiettivo minimo, auspicando di arrivare anche al 22%. Uno scenario realistico o troppo ambizioso? Lo abbiamo chiesto a uno dei maggiori esperti italiani, il Prof. Marco E. Ricotti, docente di Impianti nucleari del Politecnico di Milano.
“Una quota intorno al 10% al 2050 penso sia verosimile, andare oltre il 20% forse è più impegnativo, ma se da qui al 2035-2040 l’Italia deciderà di tornare al nucleare e lo farà con gli small modular reactors, sarà un cambio epocale. Questo darà nel tempo maggior confidenza al settore industriale, ai cittadini, all’ambito politico e agli stakeholder per comprendere il valore del nucleare e anche per accelerare” – ha spiegato il professor Ricotti – “Non escluderei che, una volta verificati la capacità di realizzare e il livello di sicurezza degli SMR, magari prima del 2050 l’Italia possa decidere di guardare anche ai grandi reattori“.
“Il problema non è solo italiano, ma europeo: occorre dimostrare che la tecnologia nucleare è affidabile, realizzabile nei tempi e con i fondi giusti, senza replicare esperienze negative del passato come Olkiluoto o Flamanville” – ha aggiunto il docente del Politecnico di Milano – “I primi a capirlo sono stati i francesi: l’amministratore delegato di Edf, Luc Rémont, vuole che gli EPR-2, una versione aggiornata, rivista e corretta degli EPR che non hanno performato molto bene sia in Finlandia che in Francia, arrivino ad essere costruiti in 70 mesi e non negli 80-90 mesi inizialmente previsti. Il messaggio è chiaro: tutto il settore nucleare europeo deve tornare ad essere performante nella fase di costruzione“.
“Raggiungere questo obiettivo potrebbe essere più facile con i piccoli reattori modulari, che vengono costruiti più in officina che sul sito e poi vengono assemblati. Gli SMR potrebbero essere un mezzo per accelerare il ritorno all’esperienza e alla capacità realizzativa. Che siano piccoli o grandi reattori, comunque, il settore nucleare europeo deve tornare ad essere più performante, più efficiente” – il punto del Prof. Marco Ricotti – “Se questo sarà lo scenario, è probabile che gli obiettivi del 10 e del 20% di energia nucleare prodotta in Italia rispetto ai fabbisogni, siano realistici“.