Narni (Tr), al ‘Festival della sociologia’ anche le storie di Domenico Iannacone

Tanti relatori presenti a Narni (Tr) per il ‘Festival della sociologia’ si sono interrogati sulle disuguaglianze della società,. Tra questi anche il giornalista Domenico Iannacone che, ai microfoni di Teleambiente, ha descritto il suo modo di raccontare storie.

A Narni (Tr) è andata in scena la nona edizione del Festival dellla sociologia. Tre giorni dedicati all’esplorazione delle disuguaglianze con 60 eventi e 200 relatori.

Un festival che negli ultimi anni ha cambiato il passo e dal mondo accademico si è aperto alla società civile, che ha visto come ospiti non solo sociologi e sociologhe, ma anche altre importanti figure come giornalisti, artisti, musicisti, scrittori e critici cinematografici che hanno mostrato di avere a cuore, nella loro quotidianità, la lotta alle ingiustizie.

Tra i più significativi c’è sicuramente Domenico Iannacone, che è stato protagonista di un interessantissimo incontro che si è svolto al Teatro Manini.

Il giornalista, che nella sua carriera ha raccontato l’emarginazione e le disuguglianze, e ha fatto dell’empatia e del calarsi nelle realtà che andava a visitare, la sua cifra stilistica, a Teleambiente ha illustrato il suo particolare modo di fare questo lavoro.

“Io credo – ha detto Iannacone- che il giornalista debba essere qualcosa che esula anche dalla sua formazione classica. C’è bisogno che trovi nuovi stimoli e nuovi spunti, qui siamo nel festival della sociologia ed è il posto adatto per entrare dentro i luoghi, dentro le storie, per analizzarli, per accostarsi alle vicende umane”.

“Quindi ha sottolineato- il giornalista che racconta soltanto e che non fa un attraversamento profondo, è come se desse una verità parziale e quindi è giusto che il giornalista sia anche un po’ sociologo, per certi aspetti”

Un giornalista che non va alla mera ricerca dello scoop

“Io credo che lo scoop sia la parte superficiale di questa professione – ha aggiunto Domenico Iannaconecredo che il giornalista deve tendere a cercare di modificare quello che non va, portando alla luce le ingiustizie e poi deve trovare anche il modo per raccontarle e per dare anche delle soluzioni. Quindi lo scoop in sé è privo di interesse, almeno per quanto mi riguarda”.

Iannacone ha sempre portato avanti una battaglia contro la superficialità del racconto, che viene messo in scena in tv.

“Siamo assuefatti da una specie di coltre di superficialitàha spiegato Iannacone a Teleambiente – la televisione in quest’ultimo periodo si è alimentata con un racconto che sta sempre in superficie e non si è mai calata pienamente dentro le vite e le situazioni degli altri. Questo, con il tempo è diventato una specie di modus che si è autoalimentato, tanto che siamo diventati sempre più superficiali. Oggi, io di televisione ne vedo pochissima, e mi accorgo che c’è una profondissima distanza tra quello che si racconta negli studi televisivi durante i talk e quella che è la realtà che sta fuori, e questo è purtroppo un grave problema dell’informazione”.

Un consiglio per chi vuole intraprendere la carriera del giornalista

“Io ha raccontato Domenico Iannacone sono nato come giornalista in provincia di Campobasso, dove le storie erano poche e quindi devi acuire la tua sensibilità, devi avere maggiore capacità di andare a vedere anche le storie minime e poi da lì puoi fare qualunque cosa”.

“Credo – ha continuato- che la prima formazione vera io l’ho avuta in provincia, poi ho fatto il resto ma è stata una cosa naturale”.

Ianaccone nei suoi lavori non utilizza più la telecamera nascosta, vuole cercare di ridare anche un po’ di etica al lavoro del giornalista, il giornalista secondo lui deve anche sapersi fermare.

“Io – ha ricordato il giornalista- la telecamera nascosta non la utilizzo più perché la ritengo un atto sleale perché in qualche modo è come se decidessi di avere a disposizione un mezzo, per estorcere”.

“Mi interessa di più un confronto franco ha concluso Domenico Iannacone- occhi negli occhi, puoi anche non rispondere o non dire la verità, ma questo secondo me può essere un modo per ridare anche un’etica al lavoro del giornalista”.