Negli studi di Teleambiente di Perugia ci è venuto a trovare Omar, il pianista sul maggiolone, un musicista che ha scelto una vita sostenibile, libera dagli schemi e dalle convenzioni. Un modo di vedere il mondo, il suo, che ‘va contro’ i bisogni indotti, recuperando l’essenziale
Omar il pianista sul maggiolone ha fatto una scelta di vita, dopo il covid, ha deciso di lasciare tutto, lasciare il suo lavoro, la sua confort zone e mettersi in viaggio con il suo maggiolone del 1973, inseguendo il suo sogno: un sogno di sostenibilità e di libertà.
Ne ha parlato ai microfoni di Teleambiente
“Sono tanto emozionato – ha confessato Omar – e tanto contento di questa cosa perché è la prima intervista in uno studio televisivo”.
Omar ha cercato la felicità in maniera audace, in un tempo in cui abbiamo una vita molto cadenzata, determinata ed incasellata, in cui la scelta che facciamo da adolescenti, il più delle volte deve essere quella definitiva, lui ha rotto questi schemi, ha rovesciato il tavolo.
“La libertà esterna che vivo adesso – ha spiegato Omar – credo sia la conseguenza di una libertà che era partita in realtà da dentro, quindi ho lavorato con me stesso per togliermi le maschere ed allontanarmi dagli schemi culturali e sociali che si erano tanto calcificati dentro la mia mente che erano il primo limite che mi portava a non star bene. Seguivo quello che gli altri mi dicevano di fare, e non tanto quello che io mi dicevo di fare”
Omar si è laureato in design dei trasporti all’Università di Torino, un percorso creativo, ma sicuramente molto inquadrato. Questo percorso di studi lo ha anche aiutato a fare quello che sta facendo in giro per l’Italia
“Questa scelta di studi per me è stata perfetta – ha riferito Omar – come strumento, perché io in realtà faccio la stessa cosa da quando sono bambino, disegno le macchine da quando ho tre anni e a 5 o 6 anni facevo già i modellini tridimensionali delle auto con la carta. Questa per me è sempre stata una fissa, sono sempre stato innamorato delle automobili quindi non esisteva università migliore per rendermi professionale da quel punto di vista. La prospettiva di quella scuola, come molte altre, rischiava di inquadrarmi molto a livello lavorativo, dove devi seguire quella ‘rotta’ quasi con il paraocchi, invece l’ho utilizzata come strumento per metterla insieme a tutto il bagaglio di cultura ed esperienze che ho. Quindi il progetto del ‘pianista sul maggiolone’ è stata una sorta di addizione tra tutti quelli che erano i miei amori: l’amore per la macchina, la natura e la musica, ed ho messo tutto insieme”.
Omar ha svolto un lavoro ‘normale’ fino al periodo del covid, poi è rinato il musicista che era in lui ed i cromosomi ‘della libertà’ hanno preso il sopravvento.
“Questa cosa in realtà è partita poco prima – ha raccontato Omar – perché il sistema scolastico, associato al tirocinio ed al lavoro, mi aveva portato tanto stress, e mi sono preso un anno sabbatico. In quell’anno è arrivato il maggiolino, sono entrati nella mia vita il teatro e la mindfulness che sono stati gli strumenti fondamentali che mi hanno dato la possibilità di rimapparmi. Quindi la prima estate che ho fatto con il maggiolino è stata quella prima del covid e la pandemia non ha fatto altro che confermare le mie scelte. Vedevo un mondo che manifestava il suo disagio e così mi sono creato il mio progetto personale, anche per ricordare alle persone che possiamo realizzare la migliore versione di noi stessi, in questa vita”.
“Ho chiuso da poco la sesta stagione estiva di concerti con il maggiolino – ha sottolineato il pianista – ed ogni volta è una sorpresa. Io ho cominciato a suonare nelle montagne, nei boschi, ma non avevo calcolato l’aspetto esperienziale di questo mio progetto, ho cominciato a portare alle persone il mio bagaglio personale, tanto che adesso mi chiamano anche nelle scuole per raccontare questa prospettiva diversa: possiamo fare della nostra vista, il nostro progetto di benessere, cosa che non ci insegnano”.
“Purtroppo – ha aggiunto – siamo in un certo senso anche ‘violentati’. A 5 anni veniamo presi, messi su un pulmino (per andare magari a scuola) e la nostra libertà, la ritroviamo a 70 anni, quando andiamo in pensione. Tutto è sempre molto prestabilito e noi accettiamo di stare in questo ‘gioco’, ma non ci chiediamo se in realtà vogliamo starci. Io non dico di non entrare in queste modalità di lavoro, di vita, di relazione, ma dobbiamo essere consapevoli dei passi che facciamo. Ecco perché la mindfulness, il teatro e la meditazione, possono essere degli ottimi strumenti, non sei più al servizio degli altri, ma sei in ascolto di quello che davvero senti in quel momento”.
“Ad oggi – ha continuato Omar sempre a Teleambiente – mi sento libero e felice ed a volte quando mi metto nel maggiolino a dormire, a guardare le stelle, mi sento molto fortunato, sono grato per quello che ho. Lo spazio di gratitudine che adesso sto vivendo è in risposta a quello che mi sta arrivando, a quello che ho smosso negli anni, agli atti di coraggio che mi hanno portato tanta abbondanza in molte cose: nei luoghi che vedo, nelle persone che incontro, nelle possibilità che mi arrivano. Credo che lo spazio di gratitudine dovrebbe essere un ingrediente che tutti dovremmo vivere nella vita, in qualsiasi cosa abbiamo”.
“Mi viene in mente il film ‘La vita è bella’ di Benigni – ha proseguito – se la vita è bella in un campo di concentramento, immaginate come può essere fuori. Si tratta di come reagiamo nei confronti delle situazioni, vedendo ogni cosa che ci arriva, come una sfida per crescere. Il problema è che noi vogliamo vivere nell’insoddisfazione, ci lamentiamo, ma in realtà abbiamo già tutto. Attraverso internet, possiamo vedere chi sta male davvero, persone che hanno meno di un decimo di quello che abbiamo noi e comunque sono felici”.
Come cantava Domenico Modugno, ci sono tante cose che rendono il mondo meraviglioso ed Omar questa meraviglia l’ha trovata nel piccolo, nell’essenziale: prendere un auto, girare l’Italia, scendere e suonare, ed è una cosa che in realtà possiamo fare tutti.
“Io quando sono in tour vivo nel maggiolino – ha ricordato Omar – che è una macchina estremamente piccola, avrei potuto dire che questa cosa era infattibile con un’auto del genere, invece la sorpresa è stata che sono riuscito a far fruttare al meglio, quello che avevo. Non ho cercato un camper o altro, ho detto: ‘questo ho e con questo posso stare bene’. Questo è stato un tornare indietro rispetto ai passi della società consumistica, che stiamo vivendo adesso. Ci dicono che possiamo stare bene se abbiamo questo o quell’altro, ma questo modello non funziona. Vivere nel maggiolino per me è stato un insegnamento, mi ha fatto dire: ‘meno hai, meglio stai’.
Basta poco per stare bene, perché quelli in realtà sono bisogni indotti dagli altri, dalla società che viviamo
“Essere designer – ha detto ancora Omar – vuol dire essere il primo ingranaggio dell’immissione di un prodotto nel mondo. Ai tempi del Maggiolino, della Panda, ecc, c’era una necessità, un bisogno del popolo e si costruiva un prodotto che entrava nel bisogno, adesso invece le persone sono diventate il prodotto e lo vediamo anche da come stiamo usando i telefoni in questi tempi. Vogliono che stiamo sui telefoni più ore possibili, fino a spegnere completamente qualsiasi spazio creativo della nostra mente, per stare lì, perché siamo noi il prodotto”.
“Anche nelle nostre auto di oggi – ha evidenziato Omar – sembra che tutto sia indispensabile, invece io nel mio maggiolone sto bene così: ci ho messo un fotovoltaico per ricaricare le batterie, un piano, un fornello, un letto e sono apposto”.
“Oggi – ha ribadito Omar – posso dire di essere veramente sostenibile. Dal mio punto di vista credo sia molto sostenibile tenere in vita dei prodotti che già esistono, alla base della mia filosofia di vita c’è il cercare di far durare più possibile, quello che abbiamo. Io sono stato cresciuto con questo insegnamento: quello che non ti puoi permettere, lo puoi costruire o riparare”
Omar arriva in un luogo, principalmente in mezzo alla natura, il maggiolino diventa il suo palco, tira fuori la tastiera e comincia a suonare
“Il fatto di aver concepito questa macchina – ha affermato Omar – mi dà la possibilità di avere subito la mia sala concerti, questa cosa è bellissima, perché io avevo il sogno di trasformare il maggiolino in un piano, ma è anche pratica: io arrivo, attacco un cavo ed inizio a suonare, cosa che nessun musicista può fare. Quando ho progettato la macchina, la volevo comoda ed ergonomica da ogni punto di vista, sia per i live che per cucinare e dormire”.
“Stare a contatto con le scomodità che mi portava questo stile di vita – ha precisato – mi ha reso più flessibile alle possibilità di essere, mi ha fatto uscire dalla confort zone, che spesso rischia di imprigionarci, di essere quasi una gabbia”.
L’amore delle persone, nella condivisione di un obiettivo
“Girando l’Italia – ha commentato Omar – ho scoperto l’amore delle persone, c’è stata tanta solidarietà verso di me, quando ho avuto dei problemi con la mia macchina. Io mi sento sostenuto dalla persone, non parlo a livello economico, ma morale. Io dal 2021 vivo di questo, faccio solo questo, le persone possono essere un sostegno e questo è molto bello.
Ho creato questo progetto, non solo per me stesso, per vivere meglio, ma per portare una sfera di benessere alle altre persone”.
“L’accoglienza delle persone – ha rimarcato – è sempre stata positiva, ho scelto i luoghi giusti, dove le persone sapevano ascoltare”.
“Seguitemi sui social – ha concluso – sono Omar, il pianista sul maggiolone, ma vi invito a venirmi a trovare dal vivo”.
Altre informazioni su Omar sono nell’approfondimento di Teleambiente