Monte Sole, Eloisa Betti e la memoria pubblica della strage

Non un semplice libro sull’eccidio, ma una grande opera storiografica sulle vicende che hanno trasformato la memoria della più grave strage nazifascista contro la popolazione civile in Europa occidentale. Un eccidio, con tutte le sue responsabilità, che qualcuno voleva nascondere (come dimostra la vicenda dell’archivio della vergogna). L’autrice: “Ho cercato di dare voce a quella comunità che si è battuta perché la strage non cadesse nell’oblio e restasse un monito anche per la pace al giorno d’oggi”.

Non un semplice libro sull’eccidio di Monte Sole, la più grave strage nazifascista compiuta in Europa occidentale ai danni di civili durante la Seconda guerra mondiale. L’opera storiografica scritta dalla ricercatrice Eloisa Betti, infatti, racconta soprattutto le vicende successive alla strage e la lotta per avere verità e giustizia da parte di chi a quegli eccidi era sopravvissuto e delle loro famiglie.

Gli eccidi di Monte Sole, noti impropriamente anche come strage di Marzabotto, sono stati una serie di rastrellamenti ed esecuzoni ai danni della popolazione e di alcuni partigiani, compiuti anche nei Comuni di Grizzana Morandi e Monzuno. Un insieme di stragi, con 1.830 vittime accertate nel corso dell’autunno 1944, inevitabilmente collegato all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, ma la cui memoria ha avuto nel tempo una sorte diversa. Una memoria prima negata, poi divisa, e solo dopo troppo tempo, infine, pubblica e condivisa.

Il libro di Eloisa Betti è stato presentato a Roma, presso la Sala Giacomo Matteotti della Camera dei Deputati. “Questo libro si focalizza su tutto ciò che è accaduto dopo la strage, su tutte quelle cerimonie commemorative che dal 1945 in poi, ogni anno, hanno in qualche modo ricordato le vittime ma anche tentato, ricordando le vittime, di far capire l’importanza di mobilitarsi. Ad esempio, per la pace, e quindi perché guerre che hanno messo in atto stragi di civili come quelle di Monte Sole non potessero più ripetersi” – ha spiegato l’autrice, ricercatrice dell’Università degli Studi di Padova – “Il mio libro parla di ciò che è accaduto dopo la strage, di come la strage sia stata vissuta anche dai sopravvissuti e dalle loro famiglie, e si parla anche di ciò che ha innescato l’armadio della vergogna. Come sappiamo, nel caso di Monte Sole, ed oggi è qui presente con noi anche il procuratore generale militare Marco De Paolis, ha in qualche modo consentito una giustizia tardiva per le vittime della strage. Da questo punto di vista, io ho cercato di dare voce anche alla comunità, ai superstiti e ai loro familiari. Perché questa comunità non è stata inerte, ha fatto sì che questa strage non cadesse nell’oblio e che venisse via via ricordata, anche con una grande attenzione all’attualità, ai nuovi conflitti e alla necessità di parlare di pace, anno dopo anno“.

Il libro parla di un tema molto importante che è la memoria pubblica della strage di Monte Sole, un evento diventato un simbolo della lotta antifascista e del prezzo di sangue che il popolo italiano ha pagato per conquistare libertà e democrazia. Il modo in cui questa memoria è stata, nei decenni, tramandata e rafforzata, è un tema di grande interesse. La memoria di quegli anni e di quella fase storica è fondamentale ancora nell’Italia di oggi, perché la nostra Costituzione è nata dalla Resistenza e perché quella storia, così terribile e tragica, lasciò tracce profonde nella memoria collettiva del Paese. Ancora oggi, quella memoria è un riferimento fondamentale per le nostre istituzioni democratiche” – il punto di Andrea De Maria, deputato del Partito democratico – “Il libro racconta di come questa memoria della strage, negli anni, è cresciuta partendo da Marzabotto, dove ho avuto una rappresentanza istituzionale essendone stato il sindaco dal 1995 al 2004. Quindi ho seguito parte di quella storia da vicino, nel corso della mia responsabilità istituzionale. Il libro è di grande valore perché si concentra su come quella memoria sia stata costruita negli anni. In quella storia c’è anche la vicenda dell’armadio della vergogna, e poi l’apertura delle inchieste a seguito dei fascicoli che in quegli armadi erano contenuti. Inchieste fatte molto tardivamente, quando ovviamente le persone che avrebbero dovuto pagare per i loro crimini erano già molto anziane. Noi abbiamo sempre pensato, comunque, che quella verità giudiziaria fosse fondamentale anche per rafforzare la memoria di quello che era accaduto“.