Sei italiani su dieci hanno acquistato prodotti dell'ultra-fast fashion. Inoltre, il principale motivo per cui gli italiani acquistano marchi fast fashion è il prezzo basso (66%). Gli ultimi studi sullo shopping degli italiani.

Moda, quanti italiani comprano da siti fast fashion?

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Sei italiani su dieci hanno acquistato prodotti dell’ultra-fast fashion. Inoltre, il principale motivo per cui gli italiani acquistano marchi fast fashion è il prezzo basso (66%). Gli ultimi studi sullo shopping degli italiani.

Un sistema di moda caratterizzato da una maggiore rapidità di produzione e da prezzi ancora più accessibili. Si fonda su questo il modello dell’ultra-fast fashion, una nuova frontiera del fast fashion, fenomeno che ha visto affermarsi brand come Shein e Temu, piattaforme di e-commerce cinesi che offrono agli utenti capi di tendenza a prezzi stracciati.

Ma cosa ne pensano gli italiani di questo modello di consumo di moda? Stileo ha indagato sul tema nell’ultima edizione del report Fashion Research 2024. Lo studio riporta che il 79% degli italiani conosce i principali e-shop di questa categoria, con il 63% che dichiara di aver acquistato almeno una volta da questi e-commerce, mentre un 19% afferma di non aver mai fatto shopping in questo particolare tipo di shop online e di non avere intenzione di farlo in futuro.

Per quanto riguarda il possibile divieto di questi negozi in Italia a favore di produttori e le aziende locali, più della metà degli intervistati (54%) sarebbe d’accordo, anche se implicherebbe pagare di più per gli stessi prodotti, mentre il 26% sarebbe contrario. Anche la cybersecurity è un aspetto molto importante per gli utenti quando si tratta negozi ultra-fast fashion: se il 39% degli intervistati si sente sicuro riguardo l’uso dei propri dati, circa il 23% si sente più preoccupato del solito quando visita questi e-commerce.

Un’ultima indagine realizzata dall’Istituto Piepoli per Udicon (Unione per la Difesa dei consumatori) afferma che il canale online è il principale per l’acquisto di capi low cost nel 37% dei casi, e si conferma più un canale “per giovani”, con il dato più alto tra i 35 e i 54 anni. A guidare questa tendenza è senza dubbio Amazon (58%), che si impone come piattaforma di riferimento per chi cerca risparmio e ampia scelta.

Abiti second hand, per gli italiani non è più una seconda scelta

Ma come combattere e quali alternative ci sono al sistema fast fashion?

Dall’indagine dell’Istituto Piepoli emerge un altro dato più incoraggiante: 4 italiani su 10 hanno acquistato almeno una volta abbigliamento di seconda mano, e tra loro il 57% preferisce appunto le piattaforme online come eBay, Depop, Vinted. Tra i meno giovani invece va sempre più di moda lo shopping nei mercatini.

Il 67% di chi acquista abiti comincia la sua ricerca proprio dall’usato, superando diffidenze e pregiudizi verso un cambio di percezione della second hand che diventa una scelta smart di cui andare fieri e da rivendicare con orgoglio (dati dell’Osservatorio Second Hand Economy).

Siamo stati all’edizione romana di Vinokilo, la più grande vendita di vestiti “al chilo”, e abbiamo chiesto alle persone se è la prima volta che acquistano second hand e per quali motivi hanno deciso di optare per la ricerca di abiti usati per i loro acquisti piuttosto che acquistare nuovi abiti nei negozi.

Sostanze tossiche nei vestiti, ecco perchè non acquistare su Shein

Un nuovo test della rivista tedesca dei consumatori Oko-Test ha rivelato la presenza di sostanze pericolose come piombo, cadmio e ftalati, vietati in diversi capi di abbigliamento, anche per bambini.

La maggior parte degli articoli non avrebbe superato il test risultando contaminati con sostanze pericolose come antimonio, dimetilformammide, piombo, cadmio, ftalati vietati, naftalene e idrocarburi policiclici aromatici (Ipa).

 

 

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Ma non è la prima volta. Già nel 2022 l’organizzazione ambientalista Greenpeace, su 47 prodotti Shein acquistati in Italia, Austria, Germania, Spagna e Svizzera, “il 15% hanno fatto registrare, nelle analisi di laboratorio, quantità di sostanze chimiche pericolose superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee”.

Ma i vestiti di Shein sono nocivi anche per i lavoratori. L’e-commerce cinese è più volte finito al centro di inchieste sulle condizioni dei lavoratori, pagati pochissimo e costretti a turni di lavoro sfiancanti.

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