Benessere animale, cosa stanno facendo i grandi brand di moda?

“Sulla strada della dismissione delle pellicce abbiamo visto anno dopo anno aggiungersi tanti brand, ma c’è ancora tanto da fare, specie su pelli, piume e su tutti gli altri filati”, Simone Pavesi (LAV).

Il Gruppo Prada ha pubblicato la sua prima “Animal Welfare policy, ma per le associazioni animaliste LAV e Humane Society International/Europe non ambisce a eradicare la sofferenza animale dalla supply chain dell’azienda.

“Le filiere produttive di materiali animali per la moda, oltre a criticità etiche, implicano palesi problemi di impatto ambientale legate alle emissioni di gas serra, al consumo e all’inquinamento dell’acqua, al consumo di suolo. Considerato che il Gruppo Prada si è voluto fortemente impegnare sul fronte della Sostenibilità del comparto moda, aderendo ai network ‘The Fashion Pact’ (iniziativa avviata dal presidente francese Emmanuel Macron con François-Henri Pinault, CEO Kering Group) e della ‘Fashion taskforce’ nell’ambito della Sustainable Markets Initiative di re Carlo III, incoraggiamo e chiediamo al Gruppo Prada di definire e rendere pubblica, per coerenza, una roadmap ambiziosa, da qui al 2030, per la riduzione e dismissione di materiali animali critici” concludono LAV e HSI/Europe.

Abbiamo chiesto a Simone Pavesi, responsabile LAV Area Moda Animal Free, in cosa consiste l’Animal Welfare Policy e perchè quella di Prada è deludente.

Animal Welfare Policy, di cosa si tratta

“Si tratta di un’autoregolamentazione delle modalità di approvvigionamento di pellicce, di piume, di pelli e di filati. Quindi, un’azienda rende pubbliche le filiere da cui si approvvigiona e quali attenzioni e limiti vengono adottati pèr assicurare un buon trattamento degli animali. – spiega a TeleAmbiente Simone PavesiTra questi limiti, ad esempio, vietare l’uso di determinati materiali, come la pelliccia, e si parla di una Fur Free Policy, oppure decidere di tracciare la filiera e affidarsi a standard industriali che dichiarano che gli animali sono trattati nel rispetto delle esigenze etologiche”.

Prada e la sua prima Animal Welfare policy. LAV: “Deludente”.

“Conosciamo bene l’azienda, negli ultimi cinque anni abbiamo avuto più occasioni di confronto riguardo alle criticità di diversi produzioni animali. Abbiamo insieme raggiunto degli importanti risultati, come nel 2019 con la dismissione delle pellicce, e l’anno successivo con la policy kangaroo, riferita all’impegno dell’azienda di smettere produzioni in pelle di canguro, una filiera anche questa parecchio cruenta. – afferma Pavesi – Pubblicare un animal welfare policy senza aggiungere un nuovo impegno o traguardo nella dismissione di materiali animali, come invece speravamo ad esempio sulle pelli esotiche o sulle piume, è una delusione”.

C’è per una nota positiva, aggiunge Pavesi: “Il Gruppo Prada ha aggiunto nella policy tra i materiali vietati la lana d’angora, ricavata dai conigli, anche se si tratta di volumi inferiori rispetto a quelli di piume e pelli esotiche”.

L’industria della moda ancora indietro su produzione etiche 

Quindici anni fa, Giorgio Armani ha deciso di eliminare completamente l’uso delle pellicce dalle sue collezioni, segnando un punto di svolta epocale nell’industria della moda. Da allora cosa è cambiato? Si è raggiunta davvero da parte delle grandi aziende del mondo della moda questa consapevolezza o siamo ancora troppo indietro?

“Sulla strada della dismissione delle pellicce abbiamo visto anno dopo anno aggiungersi tanti brand, come Gucci, Versace, Prada, Valentino e Dolce&Gabbana, ma c’è ancora tanto da fare, specie su pelli, piume e su tutti gli altri filati. – spiega Simone Pavesi – L’impegno delle aziende dichiarato pubblicamente, rispetto agli obiettivi dell’Agenda 2030, è una leva utile per convincere e spiegare alle aziende la necessità di smettere queste produzioni, in favore di next-gen materials, materiali sostenibili di nuova generazione già oggi disponibili e animal free”.

Una moda che non passi mai. Vestire animal free