
I dati sulle cavie utilizzate e uccise nella sperimentazione medica sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale.
Circa mezzo milione di animali sono stati utilizzati e uccisi nell’ambito della sperimentazione medica in Italia nel 2018. A dirlo è il ministero della Salute che ha pubblicato i dati sulla Gazzetta ufficiale.
Un numero in leggera diminuzione. Si è passati, infatti, dalle 580.070 cavie stabulate, utilizzate e uccise nel 2017 a 557.426 nel 2018.
Gli animali più utilizzati sono criceti, roditori, capre, bovini, polli e pesci ma continua ad essere altissimo il numero di primati nonostante ci siano dei vincoli stringenti per il loro utilizzo a livello nazionale, europeo e internazionale. Sono 512, infatti, le scimmie utilizzate in Italia nel 2018.
“La direttiva che regolamenta le procedure legate alla ricerca nasce per la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, scopo che viene puntualmente disatteso – afferma Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Ricerca senza animali.– Ci troviamo davanti a un sistema che non filtra, controllato da personale interno agli stessi Atenei in cui sono svolte le procedure, comitati in cui mancano figure fondamentali come biostatistici, bioeticisti ed esperti in modelli alternativi, progetti troppo spesso copia e incolla di precedenti e che non trovano applicazioni cliniche, comportando il dolore e la morte di migliaia di animali”.
Mentre in diverse università italiane – in primis a Genova e Pisa, si studia come sostituire del tutto l’utilizzo degli animali nella sperimentazione medica con diverse tipologie di ricerca, ci sono delle associazioni che si occupano del reinserimento nelle famiglie di tutte quelle cavie che sono sopravvissute agli esperimenti.
La legge italiana da qualche anno prevede che tutti questi animali – una volta terminato il loro utilizzo nella sperimentazione – possano essere adottati da famiglie volenterose di dar loro una nuova vita per riprendersi dalle condizioni – di sicuro non ottimali – in cui hanno vissuto nei laboratori.