Greenpeace lancia l’allarme sulle microplastiche rilevate negli animali selvatici di Hong Kong: “Problema globale da affrontare con urgenza”.
Le microplastiche sono state trovate ovunque. Negli oceani (anche in profondità), sulle montagne, nell’aria, nel terreno e persino nei nostri organi. Anche placenta e latte materno sono stati contaminati dai minuscoli frammenti. Ne ingeriamo l’equivalente di una carta di credito a settimana, eppure la plastica continua ad essere prodotta in tutte le sue forme, compresi gli imballaggi monouso, tra i principali responsabili dell’inquinamento.
Ne produciamo 460 milioni di tonnellate all’anno (cifre che potrebbero triplicare nel 2060) e ne riusciamo a riciclare solo il 9%. Così, la plastica finisce dispersa nell’ambiente, comprese le campagne di Hong Kong, dove le microplastiche sono state trovate negli animali selvatici.
Lo ha rivelato l’associazione ambientalista Greenpeace, che nell’estate del 2022 ha collaborato con ricercatori universitari di Hong Kong e Taiwan per raccogliere e analizzare 100 campioni fecali di bufali, bovini, cinghiali, macachi e istrici nelle campagne del territorio autonomo a Sudest della Cina. L’85% di essi conteneva microplastiche.
“I risultati di questo studio sono importanti perché dimostrano che gli animali selvatici possono ingerire microplastiche (pur vivendo) in campagna, lontano dalle aree urbane e dalle attività umane”, ha dichiarato la ricercatrice Christelle Not, dell’Università di Hong Kong.
Le tipologie più comuni di plastica rilevate nello studio sono stati il polietilene e il polipropilene, comunemente presenti negli imballaggi monouso, nei contenitori da asporto e negli utensili usa e getta. Secondo il rapporto del governo di Hong Kong sui rifiuti del 2022, ogni giorno finiscono in discarica più di 2.300 tonnellate di plastica. Una parte della spazzatura però, finisce nell’ambiente e in fiumi come il Pui O, sull’isola Lantau dello Stato, dove fanno il bagno i bufali.
“Se gli animali ingeriscono le microplastiche presenti nell’ambiente, queste potrebbero invadere il nostro sistema ecologico a tappe e influire sulla salute umana”, ha spiegato Leanne Tam, attivista di Greenpeace, all’AFP.
Un vero e proprio “effetto domino” che parte dal rifiuto in plastica e arriva al nostro organismo (anche) attraverso la catena alimentare, con la contaminazione dei terreni, dei vegetali e degli animali.
Lo scorso aprile, la città ha vietato gli utensili in polistirolo nei ristoranti, ma un divieto totale alla plastica usata da altre aziende “non ha ancora un calendario preciso”, ha proseguito l’attivista.
Inquinamento da microplastiche, un problema globale da affrontare subito
I risultati dello studio lanciano dunque un nuovo allarme sulla presenza dei frammenti nell’ambiente e negli esseri viventi, proprio a pochi mesi dal summit che riunirà in Corea del Sud 175 Paesi per provare a dare luce ad un trattato globale contro l’inquinamento da plastica.
“Con un numero crescente di studi che rivelano la presenza di microplastiche in molti ambienti naturali, nella flora e nella fauna e persino nel corpo umano, l’inquinamento da plastica è diventato un problema globale che deve essere affrontato con urgenza”, ha aggiunto la ricercatrice.
Non è la prima volta che studi scientifici rivelano la presenza dei minuscoli frammenti negli animali. Secondo una ricerca del 2022, le balene ne ingeriscono 10 milioni al giorno. Le particelle sono state trovate anche in altri mammiferi marini come foche e delfini, causando dei cambiamenti comportamentali.