Microplastiche fotosintesi

Le microplastiche ostacolano la fotosintesi delle piante. Lo studio

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L’inquinamento da microplastiche può interferire con la fotosintesi delle piante, mettendo a rischio la sicurezza alimentare. Lo studio dell’Università di Nanjing, in Cina, sottolinea l’urgenza di affrontare il problema.

Le microplastiche sono state trovate in ogni angolo del pianeta. Sono ovunque, nell’aria, nell’acqua, nel terreno e persino nel nostro organismo. Studi scientifici hanno rilevato le minuscole particelle nel sangue, nella placenta, nel cervello, nei polmoni e in altri organi del corpo umano.

Questi piccoli frammenti di plastica sono sempre più presenti nell’ambiente e interferiscono con gli ecosistemi e la biodiversità. Secondo un nuovo studio condotto dall’Università di Nanjing, in Cina, l’inquinamento causato dalle microplastiche sta riducendo notevolmente la disponibilità alimentare poiché danneggia la capacità delle piante di effettuare la fotosintesi.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of The National Academy of Sciences (PNAS), presenta una valutazione globale dell’impatto dell’inquinamento da microplastiche sulla sicurezza alimentare.

Gli scienziati hanno raccolto oltre 3.000 osservazioni tratte da 157 studi sull’impatto dei frammenti sulle piante. Alle difficoltà di produrre cibo in modo sostenibili che il mondo sta già affrontando, si aggiungerebbero quindi le microplastiche. Le particelle, che si sono infiltrate dappertutto, impediscono alle piante di sfruttare la luce solare per crescere in diverse modalità: dal danneggiamento dei terreni al trasporto di sostanze tossiche.

Secondo gli autori, a causa delle microplastiche si perderebbero tra il 4% e il 14% delle colture di grano, riso e mais. A soffrire per la fame, ancora oggi, sono circa 730 milioni di persone nel mondo, di cui 150 milioni sono bambini che soffrono di malnutrizione cronica o acuta.

I ricercatori hanno stimato che l’inquinamento da microplastiche potrebbe aumentare di altri 400 milioni il numero di persone a rischio di fame. La meta-analisi ha preso in considerazione oltre 3.000 dati, rivelando che l’esposizione alle microplastiche porta a una riduzione globale della fotosintesi dal 7% al 12% nelle piante terrestri, nelle alghe marine e in quelle di acqua dolce. In base a quanto emerso, gli scienziati hanno sottolineato l’urgenza di integrare la mitigazione della plastica nelle iniziative globali contro la fame e la sostenibilità.

L’umanità si è sforzata di aumentare la produzione alimentare per sfamare una popolazione in continua crescita [ma] questi sforzi in corso sono ora compromessi dall’inquinamento da plastica”, hanno affermato i ricercatori, guidati dal prof. Huan Zhong. “I risultati sottolineano l’urgenza [di ridurre l’inquinamento] per salvaguardare le scorte alimentari globali di fronte alla crescente crisi della plastica”.

A riportare le dichiarazioni degli studiosi è il Guardian, che ha interpellato anche altri studiosi riguardo la ricerca dell’Università cinese. “Questa analisi è preziosa e tempestiva nel ricordarci i potenziali pericoli dell’inquinamento da microplastiche e l’urgenza di affrontare il problema, [ma] alcune delle principali cifre principali richiedono ulteriori ricerche prima di poter essere accettate come previsioni solide”, ha spiegato alla testata britannica Denis Murphy dell’Università del Galles del Sud.

Microplastiche e sicurezza alimentare, i Paesi più a rischio secondo lo studio

I dati emersi dallo studio sono stati utilizzati per calcolare la riduzione nella crescita di grano, mais e riso e nella produzione di pesce e frutti di mare. Secondo i calcoli degli scienziati, l’Asia è stata la più colpita dalle perdite stimate dei raccolti con una riduzione in tutti e tre i settori tra i 54 e 177 milioni di tonnellate all’anno. In Europa ad essere duramente colpito è stato il grano mentre negli Stati Uniti il mais. Non sono state fatte stime per Africa e Sudamerica visto che non coltivano meno questi cereali e hanno meno dati sulla contaminazione da microplastiche.

Per quanto riguarda gli oceani, è stato stimata una perdita di pesci e frutti di mare compresa tra 1 e 24 milioni di tonnellate all’anno. Se alcuni esperti esprimono cautela riguardo ai risultati di questo studio, che rischiano di portare a “eccessive speculazioni sugli effetti della contaminazione da plastica sulle scorte alimentari”, di sicuro una riduzione dell’inquinamento da plastica non potrebbe che giovare sia all’ambiente che alla sicurezza alimentare, sempre più a rischio per gli effetti della crisi climatica.

Questo studio, che sicuramente ha bisogno di ulteriori ricerche per consolidare le previsioni, va ad aggiungersi ai tanti altri che provano la necessità di agire il prima possibile. Un ulteriore monito, dunque, per i prossimi colloqui ONU sul Trattato globale sull’inquinamento da plastica previsti per agosto.

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