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Microplastiche, scoperte negli embrioni delle tartarughe marine

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Lo studio, effettuato sui nidi presenti nelle spiagge toscane, ha rilevato la presenza di microplastiche negli embrioni di tartarughe marine.

Le microplastiche hanno invaso organismi viventi e ambiente, arrivando ad inquinare anche gli embrioni, in questo caso di tartaruga. La scoperta degli scienziati, purtroppo, sorprende poco.

La tartaruga marina (Caretta caretta) è infatti particolamernte incline all’ingestione di plastica e microplastica, troppo presente nei nostri mari e che troppo spesso finisce negli stomaci delle tartarughe anche a causa del loro lungo ciclo di vita.

Ma le microplastiche ingerite dagli esemplari si possono trasferire anche alle uova? Una domanda simile se la sono posta gli scienziati autori della ricerca pubblicata sulla rivista Environmental Pollution. Lo studio pilota tutto italiano, che vede la collaborazione tra l’Università Politecnica delle Marche, TartAmare Onlus, l’Istituto Zooprofilattico Dell’Abruzzo e Del Molise “G. Caporale”, del Centro Studi Cetacei e dell’Istituto Superiore per La Ricerca e La Protezione Ambientale (ISPRA), ha cercato di risolvere il dubbio sulla tossicità delle microplastiche e la loro trasmissione.

I ricercatotori hanno indagato sulla presenza di microplastiche in campioni di tuorlo e fegato di piccoli di tartarughe marine “Valutando il numero di melanomacrofagi nel tessuto epatico come possibile biomarcatore dell’impatto delle microplastiche sullo stato di salute embrionale”.

“Sono stati analizzati i parametri biometrici e l’analisi istologica del fegato di 27 e 48 embrioni (rispettivamente provenienti da due nidi diversi) allo stadio 30 di sviluppo.”, si legge nello studio.

Microplastiche trovate negli embrioni di tartarughe marine in Toscana, cosa è emerso dallo studio

Per la prima volta, sono state trovate microplastiche nel tuorlo e nel fegato delle tartarughe marine caretta allo stadio embrionale avanzato. I materiali rinvenuti erano inferiori a 5 μm (micrometri) e di polimeri e colori che ne suggerivano diverse origini.

La tartaruga marina comune (Caretta caretta) è considerata in tutto il mondo un bioindicatore dell’inquinamento da plastica. 

Secondo gli scienziati, gli effetti delle microplastiche sul loro stato di salute non sono ancora chiari. Ci sono vari ostacoli da superare: “Il primo è la difficoltà nel riconoscere una chiara risposta fisiologica alla presenza di microplastiche poiché i loro effetti sono probabilmente specie-specifici e dipendono dalle caratteristiche plastiche. Inoltre, sono disponibili per l’analisi solo esemplari morti, pertanto le indagini molecolari, solitamente eseguite per indagare sugli effetti delle sostanze tossiche, sono proibitive a causa dello stato di conservazione degli animali. hanno spiegato gli autori dello studio.

Sono stati raggiunti però anche due importanti obiettivi: è stata registrata la presenza di microplastiche negli embrioni di tartaruga marina Caretta caretta e la correlazione osservata tra il numero di melanomacrofagi nel fegato e le microplastiche contenute nello stesso tessuto ha suggerito che queste ultime potrebbero esercitare il loro effetto tossico nei tessuti embrionali. Potrebbero quindi venire usate come biomarcatori per la presenza di questo materiale nel fegato degli embrioni di tartarughe marine.