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Microplastiche, le 5 principali fonti in cucina. Ecco come evitarle

Microplastiche, le 5 principali fonti in cucina. Ecco come evitarle

Ecco le cinque principali fonti di microplastiche in cucina e le alternative per evitarle.

Le microplastiche si trovano ovunque e rappresentano una vera e propria emergenza ambientale globale. Questi minuscoli frammenti, oltre ad inquinare l’ambiente, entrano anche nel nostro organismo tramite ingestione o inalazione.

Uno degli ambienti domestici in cui si può entrare in contatto con le microplastiche è la cucina. Molti degli utensili, contenitori e prodotti che utilizziamo ogni giorno contengono infatti microplastiche che potenzialmente possono finire nel nostro organismo.

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue “Future Brief”, un adulto ingerisce o inala dalle 39.000 alle 52.000 particelle di microplastica all’anno.

Quindi come possiamo evitare di entrare in contatto con le microplastiche in cucina? Ecco le cinque principali fonti di microplastiche e le possibili alternative.

Microplastiche in cucina, ecco quali sono le fonti principali e come ridurre l’esposizione

  1. I taglieri in plastica

Tra le principali fonti di microplastiche in cucina c’è il tagliere, uno degli strumenti più utilizzati per tagliare, sminuzzare, affettare. Un tagliere di plastica potrebbe quindi aumentare il trasferimento delle particelle negli alimenti.

Una ricerca del 2023 ha scoperto che i soli taglieri in plastica potrebbero esporre gli esseri umani a fino a 79,4 milioni di microplastiche di polipropilene (un tipo di polimero plastico) ogni anno.

Tra le alternative ai taglieri in plastica, ci sono quelli in vetro temperato, semplici da pulire e convenienti, e quelli realizzati in fibre di carta, altrettanto resistenti.

  1. I contenitori per il microonde

Diversi studi confermano che i contenitori classificati come “adatti per il microonde” potrebbero rilasciare microplastiche nel cibo quando viene riscaldato. Uno studio dell’Università del Nebraska del 2023 ha rilevato grandi quantità di microplastiche nei contenitori adatti al microonde per alimenti destinati ai neonati: fino a 4 milioni per centimetro quadrato.

Un’altra conferma del potenziale rischio di esposizione alle particelle arriva anche da una ricerca dell’Università Bicocca di Milano, giunta a conclusioni analoghe. Attraverso il riscaldamento dei cibi nel microonde, nei contenitori alimentari in plastica si possono liberare microsfere di polipropilene.

Il cibo è già pieno di plastica e ftalati, come evidenzia uno studio di Consumer Reports. È bene dunque evitare di aggiungere di altra trascurando le regole fondamentali per l’utilizzo del microonde.

  1. Dalla plastica all’acqua, le microplastiche passano per i cubetti di ghiaccio

Proprio come per le bottiglie, anche i contenitori per il ghiaccio in plastica possono trasmettere ai cubetti i minuscoli frammenti. In modo simile a quello che avviene con la plastica esposta al calore, anche il congelamento può consentire che le microplastiche si disperdano in acqua.

Tra le alternative sostenibili ci sono le vaschette per il ghiaccio in acciaio inossidabile, che si raffreddando anche più velocemente e l’equivalente in silicone.

  1. I bicchieri di carta

A giudicare dal nome, i bicchieri di carta non dovrebbero contenere materie plastiche, eppure non è così. Anche questi sono un’insospettabile fonte di inquinamento da plastica. I bicchieri monouso di carta contengono infatti fino al 10% di polietilene ad alta densità (HDPE) che impedisce la perdita dei liquidi.

Se utilizzati per le bevande calde, possono rilasciare microplastiche e altre sostanze chimiche tra cui fluoro, cloruro, solfato e nitrato.

Al posto dei bicchieri monouso è meglio scegliere contenitori per bevande riutilizzabili, come bicchieri di vetro, thermos o borracce.

  1. Le bustine di tè

Un altro prodotto al di là di ogni sospetto è la bustina di tè. In un studio del 2023, i ricercatori hanno manifestato preoccupazione per il rilascio di microplastiche causato dall’acqua calda sulle bustine di tè. Il problema è proprio l’involucro che contiene le foglie di tè sminuzzate, che secondo la ricerca rilascia fino a 3,1 miliardi di nanoplastiche.

Per evitarle si possono utilizzare le foglie di tè sfuse, da preparare con una teiera in ghisa o con un colino di metallo.

Microplastiche nel corpo umano, ecco dove sono state trovate

Le minuscole particelle di plastica, di dimensione inferiore ai 5 mm, sono state trovate in acqua, aria e suolo, ma anche nel corpo umano. Numerosi studi hanno rilevato la presenza di microplastiche nel sangue, nel cuore, nella placentanel cervello e persino nello sperma.

L’impatto sulla salute è ancora sconosciuto, ma è stato dimostrato come le placche aterosclerotiche inquinate dai frammenti siano collegate ad un aumento di due o tre volte del rischio di infarti ed ictus.