Un team di scienziati ha sviluppato un metodo per rilevare le microplastiche negli ambienti marini (e non solo) attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
La ricerca continua a fare passi avanti nei metodi di rilevamento delle microplastiche nelle acque. L’ultimo studio, pubblicato su Nature Communications, dimostra come l’intelligenza artificiale – nello specifico le tecniche di analisi ottica e di apprendimento automatico – possano essere impiegate per rilevare le particelle inquinanti negli ambienti marini e di acqua dolce.
Il team composto dagli scienziati dell’Università di Nagoya e dell’Istituto nazionale per le scienze dei materiali in Giappone, ha sperimentato un approccio efficace (ed economico) per scovare le microplastiche.
Il problema evidenziato dai ricercatori – guidati da Olga Guselnikova – è che spesso il monitoraggio delle microplastiche nelle fonti d’acqua è reso difficile dalla loro somiglianza strutturale con composti organici quali alghe, biofilm e materia organica in decomposizione.
“Il nostro metodo – afferma Guselnikova – permette di separare e misurare simultaneamente l’abbondanza di sei tipi chiave di microplastiche: polistirene, polietilene, polimetilmetacrilato, politetrafluoroetilene, nylon e polietilene tereftalato”.
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Il sistema, con una schiuma metallica porosa, cattura le microplastiche nella soluzione acquosa.
L’algoritmo informatico di rete neurale, chiamato SpecATNet, interpreta poi le misurazioni ottiche effettuate dalla spettroscopia Raman e identifica le microplastiche target in modo rapido e preciso.
“La nostra procedura ha un immenso potenziale per il monitoraggio delle microplastiche e può essere implementato su campioni ottenuti direttamente dall’ambiente, senza necessità di pretrattamento, e allo stesso tempo non è influenzata da possibili contaminanti che potrebbero interferire con altri metodi”, spiega Joel Henzie, altro autore della ricerca.
L’obiettivo dei ricercatori è quello di consentire, grazie alla creazione di sensori poco costosi e algoritmi open source per leggere i dati, il rilevamento rapido delle microplastiche anche in laboratori con risorse limitate.
“Prevediamo di ridurre ulteriormente il costo di questi sensori – conclude Yusuke Yamauchi, dell’Università di Nagoya – e di rendere i metodi semplici da replicare senza la necessità di strutture costose. Allo stesso tempo, speriamo di espandere la capacità della rete neurale SpecATNet per renderla capace di rilevare una gamma più ampia di microplastiche e altre fonti di inquinanti”.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale può non essere sempre visto con favore, ma l’impiego in questo campo può rappresentare un valido supporto alle attività di monitoraggio, che precedono quelle di rimozione dei frammenti plastici negli ecosistemi. Rendere questi strumenti fruibili anche a chi ha risorse più limitate nei laboratori, è un messaggio positivo nella lotta all’inquinamento da microplastiche, che in questo modo può essere intrapresa da un maggior numero di ricercatori.