Ha suscitato un’ondata di calore e indignazione, per il trattamento ricevuto dalla Rai, l’intervista rilasciata dal giornalista e conduttore televisivo Franco Di Mare nella trasmissione “Che tempo che fa”.
Il conduttore ha rivelato di avere un mesotelioma, una forma di tumore che colpisce chi è stato esposto all’amianto.
La relazione causa-effetto tra l’esposizione al materiale, vietato in Italia dal 1992, e l’insorgere della malattia è ormai certa. A causa del lungo tempo di incubazione, possono passare anche 30 anni prima che la malattia si manifesti, ancora oggi si registrano casi di persone esposte alla sostanza quando questa era considerata sicura. Si stima che il picco di diagnosi verrà raggiunto negli anni ’30 del duemila.
Nel caso di Franco Di Mare l’esposizione alla sostanza, con tutta probabilità, è avvenuta durante una delle tante trasferte da inviato di guerra fatte dal giornalista per la Rai. In particolare Di Mare ha seguito il conflitto nei Balcani.
Il mesotelioma è un tumore raro, rappresenta lo 0,8% dei tumori diagnosticati nell’uomo, che colpisce maggiormente gli uomini. Le cellule del mesotelio ovvero le membrane che rivestono gli organi sviluppano la neoplasia. La malattia non presenta sintomi per cui è molto difficile intercettarla nelle fasi iniziali. Secondo i dati diffusi dall’Airc “A distanza di 5 anni dalla diagnosi sono ancora vivi solo l’8 per cento degli uomini e il 10 per cento delle donne colpiti dal mesotelioma.”
Sebbene l’intervento di Di Mare fosse pieno di speranza per la possibilità che la scienza riesca a trovare una cura per una malattia ancora considerata incurabile, la nota più amara ha riguardato il trattamento riservato allo storico giornalista dalla Rai.
Nessuna risposta ha ottenuto la sua legittima richiesta di accedere allo stato di servizio, un documento che riepiloga tutti il luoghi in cui è stato inviato. Documento utile per ricostruire il luogo in cui è avvenuta l’esposizione all’amianto. “Sono spariti tutti.” ha sottolineato Di Mare, “Se io posso arrivare a capire, e non è che lo debba fare per forza, che possano esistere ragioni legali o sindacali, quello che capisco meno è l’assenza sul piano umano. Persone a cui parlavo dando del tu, perché ero un dirigente Rai, sono sparite, si sono negate al telefono, a me. Come se fossi un questuante. Io davanti a un atteggiamento del genere trovo un solo aggettivo: ripugnante”.