L’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, presenta GeMMA, il database geologico minerario che raccoglie e armonizza i dati relativi a tutti i giacimenti coltivati in passato ed i risultati delle varie campagne di ricerca, nazionali e locali, con un particolare focus sulle materie prime critiche.
La Banca dati, aggiornata nell’ambito del progetto Pnrr GeoSciencesIR, rappresenta il punto di partenza per l’elaborazione del programma minerario nazionale, imposto dal Regolamento Ue Critical Raw Materials Act e affidato all’Ispra.
“Oggi siamo in grado di avere un primo database che mettiamo a disposizione del paese. Il nuovo decreto legislativo in attuazione del regolamento comunitario – ha dichiarato Stefano Laporta, Presidente di ISPRA e SNPA – ci affida il compito del piano Nazionale Minerario e questo ritengo che sia un elemento fondamentale perché abbiamo bisogno di conoscere, tornare a conoscere lo stato delle nostre miniere in relazione alle materie prime critiche per poter rendere il Paese competitivo, meno dipendente dalle forniture dell’estero”.
Presente alla presentazione l’On. Vannia Gava, Vice Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.
“L’obiettivo del Governo è colmare il gap dell’approvvigionamento sostenibile delle materie prime critiche necessarie per la transizione ecologica – ha spiegato il Vice Ministro Gava – anche semplificando e tagliando i tempi degli iter autorizzativi. Abbiamo infatti fissato 18 mesi per le autorizzazioni e 10 mesi per il riciclo. Fondamentale il supporto, soprattutto nel campo delle risorse minerarie, fornito dall’ Istituto. Per questo è stato affidato all’ Ispra il compito di realizzare il piano minerario nazionale”.
In totale sono 76 le miniere ancora attive in Italia, 22 relative a materiali che rientrano nell’elenco delle 34 Materie Prime Critiche dell’UE.
In 20 di queste, si estrae feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite (nei comuni di Bracciano e Silius), che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.
In particolare, la miniera di fluorite di Genna Tres Montis (Sud Sardegna), che rientrerà in piena produzione al termine dei lavori di ristrutturazione, rappresenterà una delle più importanti d’Europa.
Delle altre 91 miniere di fluorite attive in passato, alcune molto importanti – da rivalutare con i prezzi attuali quadruplicati rispetto al 1990 – sono localizzate nel bergamasco, nel bresciano ed in trentino, oltre a quelle sarde e laziali.
Feldspato e fluorite, dunque, sono ad oggi le uniche materie prime critiche ad oggi coltivate in Italia, ma i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche come il litio, scoperto in quantitativi importanti nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani e come diversi altri minerali da cui si producono metalli indispensabili per il modello di sviluppo decarbonizzato, la green tech, la transizione digitale e la indipendenza da paesi terzi.
Serve però un cambio di paradigma – viene evidenziato durante il convegno – è necessario passare da rifiuti inquinanti da bonificare a potenziale risorsa da recuperare.
A livello mondiale infatti, sta crescendo l’interesse della coltivazione degli scarti minerari come fonte di materie prime.
In Italia le pregresse attività minerarie hanno lasciato un’eredità di circa 150 milioni di mc di scarti di lavorazione (rifiuti estrattivi), che si trovano in strutture di deposito spesso fatiscenti e che rappresentano un serio problema ambientale, con inquinamento diffuso delle acque superficiali/sotterranee e dei suoli da metalli pesanti, cioè gli stessi che potrebbero essere recuperati.