I Paesi insulari dei Caraibi rischiano di scomparire del tutto inghiottiti dalle acque a causa delle devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici. Ora questi Paesi vogliono giustizia, ma chi ha causato la crisi climatica fa finta di niente
Immagina se l’inquilino del piano di sopra si mettesse a martellare in maniera sconsiderata sulle condotte idriche del tuo palazzo e che questo provocasse una perdita d’acqua potenzialmente devastante nel tuo appartamento. E pensa se, dopo averglielo fatto notare, il suddetto inquilino si limitasse a dire che gli dispiace e tornasse a martellare in maniera sconsiderata.
Sarebbe quantomeno una grave ingiustizia, vero? Troveresti questo atteggiamento inaccettabile e faresti di tutto perché i tuoi diritti venissero riconosciuti in assemblea di condominio.
Sembra una storia folle e inverosimile. Invece è esattamente quello che è successo nel mondo con la crisi climatica.
I Paesi industrializzati, inquilini sconsiderati del Pianeta Terra
Gli inquilini sconsiderati sono stati i Paesi industrializzati che per oltre due secoli hanno pompato quantità sempre crescenti di CO2 nell’atmosfera (nonostante negli ultimi decenni fosse diventato noto l’effetto che questa aveva sul clima).
Mentre gli inquilini che stanno pagando le conseguenze sono i Paesi più poveri del mondo che non solo non hanno “martellato” – cioè non hanno pompato anidride carbonica nell’atmosfera – ma ora ne stanno pagando le devastanti conseguenze con allagamenti ed eventi meteo estremi che da qui a qualche decennio potrebbero rendere quelle terre inospitali.
È la storia dei Paesi insulari del Pacifico come Kiribati, una piccola repubblica che rischia di essere totalmente sommersa dall’acqua; o come Tuvalu, le Isole Marshall, le Fiji e Vanuatu.
Questi Paesi hanno portato dinnanzi alla Corte internazionale di giustizia (ICJ) delle Nazioni Unite la loro richiesta di risarcimento per i danni subiti a causa del comportamento dei grandi inquinatori.
“La diplomazia non sta dando i risultati sperati”
Alla Corte internazionale di giustizia è stato chiesto solo di fornire un parere consultivo sulla questione ma secondo i Paesi caraibici e i diversi attivisti climatici, pur non individuando specifici responsabili, il parere della corte dovrebbe rafforzare la base giuridica per ritenere i paesi industrializzati responsabili dei danni ambientali attuali e passati.
Ovviamente i Paesi che sono stati responsabili della crisi climatica (tra cui l’Italia), pur continuando a dirsi dispiaciuti per quanto sta accadendo, non sembra vogliano fare a pieno la loro parte per risarcire i danni.
Non a caso, una delle questioni più discusse nelle ultime Conferenze ONU sul clima riguarda il capitolo ‘Loss&Damage’ relativo al riconoscimento di aiuti finanziari da parte dei paesi ricchi a quelli più poveri per gestire i danni causati dal cambiamento climatico.
Una situazione che sta mettendo a dura prova la vita degli abitanti di quelle isole. Come ha spiegato Ryan Pinder, procuratore generale delle Bahamas: “Abbiamo provato la strada diplomatica per molti anni, sia come singolo Paese che come regione. Partecipiamo a tutti gli incontri delle Nazioni Unite, partecipiamo alle Conferenze sui cambiamenti climatici, facciamo tutte le cose diplomatiche che ci si aspetta da noi. Ma come possiamo vedere, i risultati sono minimi. L’aumento della temperatura continua. Gli effetti delle forti tempeste nella nostra regione continuano”.
“Crediamo fermamente che, per avere un impatto reale o un vero cambiamento, sfortunatamente, bisogna farlo dove fa più male, ovvero nei portafogli. E pensiamo che perseguire la giustizia climatica nei tribunali e in uno spazio di contenzioso sia una parte di questa strategia”, ha poi aggiunto.