
Roma. C’è da ringraziare Sergio Mattarella che oggi ha nominato (e scelto tra moltissimi altre possibilità) la figura straordinaria di Liliana Segre, a quattordici anni deportata a Auschwitz insieme al padre e ai nonni, da cui non appena giunta nel lager venne separata e mai più avrebbe rivisto.
Una donna perseguitata fin da bambina, che con forza infinita volle sopravvivere all’Olocausto e di cui per quaranta anni, dopo essere stalta liberata nel 1945, non avrebbe mai voluto parlare, stretta nel silenzio e nel dolore.
E’ una scelta straordinaria, carica di significati e di moniti e di memoria.
In questi anni di rigurgiti nazifascisti, e non solo in Italia, la nomina di senatrice a vita di questa ragazza di 88 anni serve a far intendere a tutti, anche a gioca a Casapound e a chi starnazza sulla satira su Claretta Petacci (volgare e cinica come spesso è la satira: vogliamo ricordare Charlie Hebdo?) che attraverso la memoria ancora viva e lucida di Liliana Segre noi abbiamo la fortuna di avere la testimonianza della tragedia più tragica e grave che abbia mai attraversato la nostra umanità che con le legge razziali imposte da Benito Mussolini (e certamente mai discusse né criticate dalla sua amante Petacci) dette inizio alle persecuzioni alla comunità ebraica italiana che furono l’avvio della persecuzione sopportata anche dalla famiglia Segre.
A otto anni, nel 1938, Liliana venne espulsa dalla scuola che frequentava a Milano, interrompendo le lezioni delle elementari che stava facendo. Era estate,e in quell’agosto erano entrate in vigore le leggi razziali volute dal Duce.
Gli anni successivi videro le persecuzioni intensificarsi. Il padre Alberto la nascose presso dei cugini, poi davanti ai rastrellamenti dei nazisti e dei repubblichini di salò, Alberto, insieme a Liliana ormai quattordicenne, e al nonno Giuseppe cercò disperatamente riparo in Svizzera, ma la famiglia Segre, così come altre famiglie ebraiche fuggitive venne respinta dalle autorità elvetiche di confine. Il giorno dopo vennero arrestati a Viggiù, poi trasferita a Como, quindi a Milano, da dove il 30 gennaio 1944, dal binario 21 della stazione centrale venne deportata, insieme al padre, nel lager polacco.
All’arrivo Auschwitz venne divisa dal padre che non avrebbe mai più rivisto (Alberto sarebbe poi stato ucciso a maggio, mentre i nonni vennero uccisi appena giunti nel lager)e le sarebbe stato stampigliato sul braccio il numero 75190 che ancora la accompagna.
Liliana Segre è tra i 25 ragazzi italiani che riuscì a sopravvivere allo sterminio nazista e alla camere a gas di Auschwitz.
Liliana sarebbe stata liberata nel maggio 1945. Tornata in Italia sarebbe vissuta nelle Marche con i nonni materni (la madre era deceduta subito dopo la nascita). Poi avrebbe conosciuto Antonio Belli Paci, cattolico ma anche lui detenuto nel lager della sterminio, che poi sarebbe diventato il compagno di tutta una vita.
Liliana solo agli inzi degli anni Novanta ha iniziato a parlare della tragedia della sua vita, partecipando attivamente alle attività di testimonianza e di memoria, dando voce, la sua voce, alla memoria di quegli anni tragici, che per molti diventava una sorta di incidente della storia.
Il presidente Mattarella con questa nomina, a differenza di Giorgio Napolitano che aveva nominato senatori Mario Monti, Claudio abbado, Renzo Piano, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia, tutte nomine in un certo senso facili da individuare, trattandosi di eccellenze della cultura nazionale, ha scelto una signora ormai anziana, perfettamente sconosciuta alle grandi masse e ai media.
Una nomina che non è un riconoscimento formale, ma una sfida alla indifferenza di chi rifiuta la memoria.
Una stella luminosa e abbagliante di questi nostri cieli sempre più vacui e buii.
Grazie Presidente