Di Sara Falconieri
Legge Salvaborghi. “Una bella giornata per chi vuole bene all’Italia“. Così commenta il deputato Pd Ermete Realacci dopo l’approvazione al Senato del provvedimento “Salva borghi” per la valorizzazione dei piccoli comuni, di cui è primo firmatario. Un provvedimento definito “storico” dalla Coldiretti, avendo attraversato ben quattro legislature.
Il testo bipartisan attendeva risposta definitiva per diventare legge, dopo il sì all’unanimità della Camera lo scorso settembre. Un’attesa di quasi 20 anni che ha finalmente portato i suoi frutti: 205 voti a favore e nessuno contrario. Ma soprattutto, un’attesa che tirava in ballo il futuro di 5.591 centri italiani, ospitanti complessivamente circa 11 milioni di persone.
La nuova legge mira a promuovere uno sviluppo sostenibile economico, sociale, ambientale e culturale e a regolare l’equilibrio demografico del Paese, incentivando la residenza nei piccoli comuni. La definizione di “piccoli comuni” comprende i centri abitati da meno di 5000 abitanti, ma anche i comuni nati dalla fusione di più centri con meno di 5000 abitanti ciascuno. Dal 1971 al 2015 questi centri hanno visto la propria popolazione ridursi del 20%. Sono soprattutto abitati da anziani per la fuga di una persona su sette negli ultimi 25 anni.
Sarà messo a disposizione dei Comuni un Fondo di 100 milioni di euro per finanziare gli investimenti previsti dal prossimo anno fino al 2023. Ad avere la priorità saranno le aree a maggior rischio di dissesto idrogeologico, i comuni fortemente arretrati economicamente, quelli a rischio spopolamento.
Gli interventi ad hoc prevedono soluzioni per il recupero dei centri storici in abbandono e per il problema dei trasporti e dei collegamenti, soprattutto per le scuole e le aree rurali e montane. E ancora: diffusione della banda larga nelle aree in cui gli operatori di telecomunicazioni non vogliono investire; messa in sicurezza del territorio e delle strade; possibilità per i centri in cui non ci sono uffici postali di pagare tasse e tributi presso gli esercizi commerciali; rilancio dei prodotti a chilometro zero; possibilità di creare centri multifunzionali per fornire servizi in materia ambientale, sociale ed energetica. Tra i progetti anche un accordo tra Governo, ANCI e Federazione italiana editori e agenzie di distribuzione per assicurare la vendita dei giornali nei centri isolati.
L’approvazione al Senato ha suscitano un coro di generale consenso. Per Antonio Decaro portavoce dei comuni italiani (ANCI): “Con l’approvazione di questa legge finalmente si sancisce la specificità dei piccoli Comuni, si fissa il principio basilare che questi centri hanno bisogno di politiche differenziate e di sostegno specifico.” Soddisfazione unanime dai partiti politici, da Pd e M5s fino a Ap e Sel. La legge era stata fortemente voluta anche da Legambiente e Coldiretti, in quanto “migliora la qualità della vita e genera competitività”, proprio nelle zone in cui “si concentra metà della produzione agroalimentare nazionale”.
Le uniche critiche sono arrivate per la scarsità del Fondo. Ma Realacci ha la risposta pronta: “Il fondo lo avrei fatto anche a zero […], quello che è importante è il cambiamento nella maniera in cui si guarda al futuro dell’Italia, a questo […] prezioso segmento del Paese”.