Quanto sono sostenibili le isole minori in Italia? Ancora troppo poco secondo l’Osservatorio Isole Sostenibili di Legambiente che registra un indice medio di sostenibilità del 46%.
Considerando parametri come il consumo di suolo, la gestione dei rifiuti e dell’acqua, lo sviluppo di rinnovabili e la presenza di aree protette è stato stilato il VI Rapporto Isole Sostenibili 2024 redatto insieme al CNR. Prima per rispetto della natura; Capri che è al 62%, sopra la media l’isola del Giglio, le isole Tremiti e Ustica, che si collocano oltre il 50%. Sotto la media invece Ischia, le Eolie e La Maddalena, che non superano il 40%. Ultima in classifica l’isola di Salina che non va oltre il 20%.
I principali ostacoli alla sostenibilità piena delle isole sono la raccolta differenziata ferma al 56% e la dispersione idrica pari al 40%. Sul fronte della mobilità poi, nelle piccole isole ci sono in media 63 automobili private per ogni 100 abitanti.
Le principali azioni proposte dall’osservatorio per velocizzare la transizione sono: l’istituzione di una cabina di regia unica presso il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, la realizzazione di una road map che porti le piccole isole a essere 100% rinnovabili entro il 2050 e la promozione di politiche di adattamento alla crisi climatica partendo da un piano di azione per la rigenerazione urbana.
“Il ‘potenziale’ sostenibile delle isole minori messo in evidenza nella VI edizione del rapporto ha bisogno di una nuova narrazione in grado di trasformare le piccole isole da luoghi di bellezza, di mare pulito e di vacanze estive, in centri culturali, di ricerca e di innovazione, anche in campo ambientale. I diversi attori coinvolti in questo necessario processo di cambiamento devono mettere al centro le isole minori per farne cantieri di sostenibilità, come sta avvenendo in diverse parti di Europa. – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente- La nuova chiave di lettura dell’Osservatorio Isole Sostenibili suggerisce che anche le criticità rilevate e i ritardi accumulati su vari temi ambientali possono diventare concrete opportunità di sviluppo, partendo innanzitutto dalla condivisione di buone pratiche, su cui puntare per costruire sinergie territoriali che siano riferimento e stimolo al miglioramento”.