Il punto del deputato di Alleanza Verdi-Sinistra sullo stato del lavoro in Italia.
Lavoro povero e sottopagato, bassa competitività, difficoltà di incontro tra domanda e offerta. Sono solo alcuni degli aspetti negativi del mondo del lavoro in Italia, specialmente per quanto riguarda i giovani e le donne. Non è una novità, ma la ricerca di una soluzione appare ancora oggi una chimera. Marco Grimaldi, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, a TeleAmbiente fa il punto della situazione offrendo la propria visione personale.
“Bisognerebbe, per tutti, ridurre l’orario di lavoro a parità di salario. Solo che per gli autonomi è più complicato, soprattutto per tutti quegli autonomi che impropriamente, in realtà, svolgono quel mestiere ma sono dei lavoratori subordinati. Allora, intanto, faccio una proposta che vale per tutti: un congedo di genitorialità paritario. Che cosa vuol dire? Che quei sei mesi possono essere presi anche dagli uomini, anzi, una parte devono essere obbligatori anche per dare diritti a tanti papà, ma anche per togliere dalla ricattabilità tante donne a cui viene chiesto se vogliono avere figli, se ne hanno, se vogliono avere famiglia…” – il commento del deputato di AVS – “Io credo che il lavoro del futuro debba togliere questi ricatti e dare a tutti nuove opportunità. Poi ci sono i salari da fame in Italia: siamo l’unico Paese in Europa in cui, in questi 30 anni, si è perso potere d’acquisto. Addirittura, è come se l’italiano medio avesse perso 1000 euro invece che aumentare, perché in questi 30 anni c’è stata l’inflazione, oltre ad un cambiamento strutturale in tutta l’economia europea“.
“Parliamo poi dei dati dei più giovani: la gran parte dei contratti attivati in Italia, l’83%, sono precari. I giovani, tra l’altro, per lo più dichiarano di aver guadagnato non più di 13 mila euro. Inoltre, negli ultimi anni, abbiamo perso quasi 3,5 milioni di italiani: sono spesso giovanissimi che sono scappati via dall’Italia” – ha aggiunto l’onorevole Marco Grimaldi – “Lo dico così: le uniche migrazioni che dobbiamo fermare sono quelle dei tantissimi giovani che sono formati, che hanno studiato in Italia, su cui abbiamo spesso tantissime risorse (soprattutto le famiglie, non solo lo Stato) e che scappano per assenza di futuro. Che cosa dobbiamo fare? Intanto evitare che nelle imprese solo il 25% degli utili venga reinvestito in innovazione, in ricerca e nell’innalzamento dei salari. La verità è che in Italia abbiamo dei settori produttivi che non trainano abbastanza, e su cui bisognerebbe fare politiche industriali, e settori trainanti che sono a basso reddito e a grande intensità di sfruttamento lavorativo. Ci sono 3-4 milioni di italiani, soprattutto giovani, che lavorano strutturalmente sotto i nove euro all’ora. Per questo noi sottolineiamo lo sfruttamento, la sottoccupazione, appunto per questo serve un salario minimo legale e serve rimuovere tutti quei contratti collettivi pirata che tra l’altro aiutano il fenomeno del dumping salariale“.
Spesso, si imputano le criticità tipiche del mondo del lavoro ad una mancanza di formazione, sia professionale che relativa all’istruzione di base. Ma è davvero così? “Questa retorica del fatto che l’istruzione dovrebbe sempre più avvicinarsi ai nuovi lavori e ai nuovi mestieri… L’istruzione in Italia non è tutta uguale, a partire dalle scuole elementari e medie. Forse bisognerebbe invece reintrodurre l’obbligo scolastico, ricucire le disuguaglianze di un Paese in cui la scuola a tempo pieno non è per tutti” – ha spiegato il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra – “Siamo in un’Italia spaccata a metà, la nostra istruzione fa tutto quello che può ma spesso deleghiamo all’istruzione tutto quello che non funziona nella società. Quando uno ha delle basi solide in storia e geografia, in italiano e matematica, quando uno ha le chiavi di lettura di comprensione della società, e quindi ha una lettura critica, poi arriva anche a fare mestieri nuovi, o anche ad inventarli. Io credo che il problema non si banalizzi con il fatto che la scuola non sta al passo con i tempi, la verità è che non c’è ancora un diritto allo studio per tutti e che la qualità non è per tutti uguale“.