Mentre il resto d’Europa sta rendendo elettrico il parco auto circolante, l’Italia continua a fare resistenza. E il governo Meloni non pare intenzionato ad agire
Con una mano incentivo, con l’altra tasso. Si potrebbe riassumere così la schizofrenica strategia del governo Meloni sulle auto elettriche.
Perché se è vero che l’esecutivo sa bene che rinnovare il parco auto circolante in Italia e renderlo meno inquinante è una priorità e che le auto elettriche rappresentano il metodo migliore in questo senso, è vero anche che alle (scarse) politiche per incentivare l’acquisto di auto elettriche Palazzo Chigi affianca l’annuncio di nuove tasse per chi una e-car l’ha già acquistata o lo farà a breve. In che modo? Facciamo un passo indietro.
L’Italia continua a essere fanalino di coda sull’elettrico
A partire dal 2035 in tutti i Paesi dell’Unione europea potranno essere vendute solo auto elettriche. L’obiettivo, ormai è risaputo, è quello di azzerare al più presto le emissioni di carbonio generate dal trasporto privato.
Ma se in gran parte degli Stati membri dell’Unione la transizione è già in atto e la quota di mezzi elettrici sul totale di quelli circolanti è già alta, l’Italia continua a rimanere indietro.
Qualche esempio? Eccolo! Nel 2023 le auto elettriche rispetto al totale delle auto circolanti rappresentavano;
- il 17% in Francia,
- il 18% in Germania e Portogallo,
- il 20% in Belgio;
- il 31% nei Paesi Bassi;
- il 36% in Danimarca.
(Dell’82% della Norvegia è inutile parlare. Ovviamente a Oslo e dintorni sono avanti anni luce).
Chi più chi meno, dunque, in Europa la quota di mercato sta aumentando ovunque. Ma c’è chi arranca. La Spagna ad esempio, ferma al 5,7%. O la Grecia al 4,8%.
Numeri comunque superiori all’Italia ferma al 4,2%. E superata (in difetto) solo da Croazia, Bulgaria, Ungheria, Lituania e Romania.
Al governo Meloni non piace l’elettrico
Con i numeri che abbiamo appena visto, quando nel 2035 nell’Ue non sarà più possibile vendere auto con motore a scoppio per molti Paesi non sarà un problema: il passaggio all’elettrico lo avranno già fatto e in maniera “naturale”.
I problemi li avranno chi nei prossimi 11 anni continuerà a fare resistenza. E l’Italia sembra essere tra questi.
Il governo Meloni, che si è sempre detto contrario al regolamento europeo che ha introdotto lo stop alla vendita di veicoli a diesel e benzina a partire dal 2035, non sembra troppo intenzionato a spingere gli italiani a rivalutare la propria posizione sulle auto elettriche.
E anzi, utilizza una strategia (più o meno consapevole) abbastanza schizofrenica.
Perché se da una parte il ministro delle Imprese Adolfo Urso fa sapere che sarà presto varato un piano di ecoincentivi dedicato anche (ma non solo) alle auto elettriche, dall’altra il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti fa sapere che l’esecutivo vuole aumentare le tasse proprio sulle auto elettriche.
Il problema delle accise
Giorgetti ha fatto sapere che il ministero dell’economia e delle finanze è al lavoro per affrontare un problema che si presenterà da qui a qualche anno: lo “spostamento delle accise del carburante” ad altre fonti di alimentazione.
In altre parole, i tecnici del ministero dell’Economia stanno cercando di capire come spostare le accise che al momento gravano sull’acquisto di carburanti fossili alle colonnine di ricarica per le e-car.
La motivazione, secondo Giorgetti, risiede in quei 40 miliardi di euro che, secondo le stime di Unem (Unione energie per la Mobilità), lo stato incassa dalle accise legate alla vendita di gas, benzina e diesel.
E dunque, in vista di una diminuzione delle auto con motore a combustione circolanti, il dicastero guidato da Giorgetti sta cercando un modo alternativo per fare cassa. Ad esempio aumentando le accise sulle colonnine di ricarica elettrica. Per poi capire come fare per chi – una gran parte dei cittadini – caricherà le proprie auto direttamente a casa propria.
Un problema che, a ben vedere, adesso non sussiste. Abbiamo visto quanto bassa sia la quota di mercato delle auto elettriche. E quanto lenta sia la crescita rispetto agli altri Paesi dell’Ue.
E allora che senso ha annunciare che il governo è al lavoro per capire come far pagare le accise anche a chi guida elettrico? Non avrebbe più senso puntare sugli incentivi affinché gli italiani (e l’intero sistema economico e industriale) si trovino impreparati a quel fatidico 2035?
Domande retoriche. Almeno per ora. Perché al momento i partiti che fanno parte dell’esecutivo (così come quelli di minoranza) sono alle prese con la campagna elettorale proprio per le elezioni Ue. Chissà che Meloni&Co. non sperino di avere un pesa tale a Bruxelles da poter affossare il regolamento sulle auto inquinanti.