La docente Carola Farci racconta a TeleAmbiente la sua esperienza in Kenya dove con l’associazione Rebelterra ha portato il progetto “Trees4Girls” che mira a sensibilizzare le giovani ragazze vittime di mutilazione genitale sui pericoli legati alla crisi climatica
Un villaggio masai nel cuore del Kenya, strade sterrate in cui l’accesso all’acqua è complesso e dove ogni giorno bisogna fare i conti con la povertà, la penuria di cibo e – sempre più spesso, a causa della crisi climatica – con eventi meteo estremi come siccità e alluvioni.
Per sensibilizzare le giovani abitanti di Aitong, uno dei villaggi nel cuore del Kenya, Carola Farci – docente e ambientalista e presidente dell’associazione “Rebelterra” – ha deciso di recarsi lì dove il problema è più sentito.
Già da qualche anno Carola Farci ha deciso di dedicare il proprio tempo libero a progetti ambientalisti. Nel 2022 era andata in giro per il Mediterraneo per ripulirlo dalla plastica, la scorsa primavera si era recata in Germania per un progetto di rewilding fino ad arrivare, questa estate, in Kenya per il progetto Trees4Girls che – in partnership con Treeonfy e l’associazione keniota Matasaru – ha visto protagoniste giovani donne vittime di mutilazione genitale.
Piantare alberi per piantare consapevolezza
“L’esperienza è iniziata qualche mese fa perché abbiamo prima di tutto avviato un training online e il focus del progetto è stato prima di tutto sul creare un team femminile che si occupasse della crisi climatica nei villaggi del Kenya”, ha spiegato a TeleAmbiente la docente.
“Poi, successivamente sono andata una settimana effettivamente nel villaggio di Aitong e lì tutti insieme ci siamo soffermati in particolare sulla sensibilizzazione nelle scuole. Perché sono scuole in cui non ci sono alberi e il Kenya è, come moltissimi paesi, sempre più vittima delle ondate di calore. Queste ondate di calore creano dei problemi abbastanza grossi per i ragazzi e per i bambini che frequentano le scuole. Quindi la nostra idea era di creare delle zone d’ombra piantando degli alberi. Ma questo in realtà è stato solo il pretesto, perché il progetto vero era quello di sensibilizzazione ambientale verso questi bambini e ragazzi. Siamo riusciti a parlare con circa 1850 studenti tra primarie e secondarie e abbiamo fatto con loro un percorso di educazione ambientale”, ha continuato Carola Farci.
La crisi climatica e i Paesi in via di sviluppo
Quella keniota, per la professoressa Carola Farci – che in Italia insegna italiano e storia in una scuola superiore di Cagliari – è stata un’esperienza assai diversa da quelle che è abituata a vivere nelle aule italiane.
“La situazione lì è veramente tremenda. C sono bambini che percorrono 20 km al giorno per andare a scuola. E lo fanno con le scarpe rotte, lo fanno con i vestiti strappati, lo fanno in strade pericolosissime dove di tanto in tanto attraversa un cobra”, spiega la docente.
Alle difficoltà legate alla vita di tutti i giorni da quelle parti si aggiungono quelle correlate alla crisi climatica. Perché i Paesi in via di sviluppo come il Kenya sono quelli che stanno subendo maggiormente le conseguenze della crisi climatica nonostante siano quelli che meno degli altri l’hanno causata. Conseguenze come siccità, alluvioni e in generale eventi meteo estremi che mettono in pericolo la vita di chi vive quei luoghi.
“In un contesto come quello dei villaggi kenioti la lotta alla crisi climatica è una priorità perché in questo modo interveniamo sulla qualità della loro vita intesa non come singoli ma proprio come comunità. Nel momento in cui noi facciamo dell’assistenzialismo stiamo aiutando i singoli, nel momento in cui noi agiamo sulla mitigazione e l’adattamento della crisi climatica nei loro territori stiamo effettivamente facendo qualcosa per tutta la comunità”, ha spiegato Carola Farci.
Per la professoressa Farci è anche una questione di autodeterminazione: “Loro hanno tutte le capacità e tutta la voglia di far partire i progetti da loro stessi e decidere da soli come impostare la propria politica, la propria società, il proprio futuro. Per fare questo dobbiamo far sì che vengano preservati da una crisi, quella climatica, che abbiamo creato noi e di cui loro sono vittime”.
La crisi climatica e le donne
Rebelterra – l’associazione di cui Carola Farci è presidente – ha deciso dunque di agire direttamene lì dove il problema è più sentito e lo ha fatto rivolgendosi a una categoria di cittadini che è maggiormente colpita dalla crisi climatica: le giovani donne.
“La crisi climatica coinvolge soprattutto le categorie più fragili. E in questo contesto rientrano le donne. Vi faccio un esempio. Nel momento in cui c’è un periodo di carestia e quindi tanti animali muoiono, animali destinati al pascolo come le mucche, le capre, le famiglie si ritrovano senza una fonte di introito importante, si ritrovano di conseguenza alla fame e allora qual è la prima cosa che fanno? Danno le loro figlie in sposa al primo pretendente. Stiamo parlando di ragazze molto giovani, anche 12-13 anni”.
Per le famiglie si tratta di un modo per garantire a tutti di sopravvivere. Avere una bocca in meno da sfamare è necessario. Ma questo significa anche privare queste bambine di una istruzione che viene in questo modo bloccata bruscamente.
“Per questo con il progetto Trees4Girls abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione prima di tutto sulle ragazze, non perché i ragazzi non siano coinvolti. Nella crisi climatica siamo tutti coinvolti, però le ragazze sono soprattutto in questi contesti le prime vittime”, ha concluso la docente.