Ogni anno milioni di microfibre dei vestiti finiscono in mare dopo il lavaggio nelle lavatrici. L’ impatto sull’ecosistema è lo stesso di quello della plastica ma più difficile da contrastare.
Dai poli alle fosse delle Marianne, le microfibre dei tessuti lavati nelle lavatrici stanno inquinando gli oceani di tutto il mondo. Il mondo si è reso conto nel corso recentemente dei grandi danni all’ambiente provocati dalla plastica monouso tra bottiglie, cannucce e sacchetti e decine di paesi si stanno muovendo per imporre un divieto sul loro utilizzo. Molti di questi detriti finiscono in mare dove intrappolano gli animali, finiscono nel loro intestino o vengono raccolti dalle onde per creare grandi isole di rifiuti.
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Secondo gli esperti però la grande fonte d’inquinamento marino prodotta dai frammenti di poliestere, nylon e acrilico viene stata largamente ignorata. “La maggior parte dei nostri vestiti è composta da plastica” ha detto Imogen Napper dell’University of Plymouth “laviamo i nostri vestiti regolarmente e centinaia di migliaia di fibre vengono via ad ogni lavaggio. Questa potrebbe essere una delle fonti più grandi di inquinamento della plastica nell’ambiente. Come si può rimuovere qualcosa di così piccolo?”.
Nel 2015 un report della Ellen McArthur foundation ha stimato che mezzo milione di tonnellate di microfibre finiscono nei flussi d’acqua ogni anno e 53 milioni di tonnellate di nuovi tessuti vengono prodotte annualmente. La famiglia media americana rilascia più di 500 milioni di microfibre nell’ambiente ogni anno secondo Ocean Wise. La grande maggioranza di questi minuscoli tessuti, sintetici o meno, viene intercettata durante i trattamenti d’acqua ma circa 900 tonnellate finiscono comunque negli oceani. Nei paesi meno sviluppati la maggior parte di questi tessuti non viene intercettata e si aggiunge all’enorme di quantità di plastica che finisce negli oceani.
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Le microplastiche, sostengono i biologi marini, sono pericolose per le creature microscopiche che popolano gli oceani allo stesso modo delle buste di plastica per le tartarughe, ma è difficile da dimostrare secondo Peter Ross, coautore del report di Ocean Wise “l’evidenza scompare immediatamente perché questi microorganismi vengono mangiati dalle altre specie”. Gli ultimi studi si sono focalizzati su come ridurre il volume di questo micro-inquinamento quando laviamo i nostri vestiti, oltre alla soluzione più ovvia di farlo meno frequentemente.
“Quando si fa la lavatrice, possiamo ridurre l’impatto impostandola a temperature più basse. Un lavaggio superiore ai 30°C disperde le fibre con maggior facilità” secondo Laura Diaz Sanchez della ONG Plastic Soup Foundation “il detergente liquido è migliore di quello in polvere e non bisogna usare l’asciugatrice”. Anche acquistare meno vestiti ha la sua importanza: gli studi hanno dimostrato che il primo lavaggio è quello che rilascia il maggior numero di microfibre. “E’ qualcosa che possiamo fermare. Le macchine hanno i filtri e dovrebbero averlo anche le lavatrici. Ogni elettrodomestico dovrebbe essere neutrale nei confronti dell’ambiente” ha spiegato Mojca Zupan, fondatrice di PlanetCare.
Ci sarebbero gli accessori per i lavaggi, spesso definiti eco-friendly ma che non risolvono il problema come le washing ball o le sacche per i lavaggi “potrebbero essere utili per evitare gli intrecci ma non fanno nulla per le microfibre” sostiene Francesca De Falco, ricercatrice dell’Institute for Polymers, Composites and Biomaterials. Non esistono soluzioni miracolose: “l’unica sarebbe quella di non indossare vestiti” sostiene Sanchez. Il miglior approccio sarebbe quello di trovare una soluzione per ogni step del procedimento, dalla manifattura, al lavaggio fino al trattamento secondo De Falco.
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Le fibre naturali possono essere la soluzione? Non è così semplice secondo gli esperti. Ad esempio il cotone ha bisogno di una grande quantità d’acqua e di pesticidi per crescere. “L’alternativa naturale non è sempre la miglior soluzione perché può essere costosa ed avere il suo impatto sull’ambiente” secondo Napper “viviamo in una cultura della moda ad alta velocità e considerando quanto acquistiamo è veramente spaventoso”.