Home Attualità Inquinamento, i file segreti che incastrano governi e lobby dei fossili

Inquinamento, i file segreti che incastrano governi e lobby dei fossili

Un gruppo di giornalisti di Greenpeace è entrata in possesso di documenti segreti che proverebbero il tentativo di alcuni governi nazionali di modificare il rapporto dell’IPCC, il più importante rapporto sul cambiamento climatico.

Alcune nazioni, tra cui Giappone, Arabia Saudita e Australia, avrebbero fatto pressioni sulle Nazioni Unite per rallentare l’uscita dai combustibili fossili prevista entro il 2050; inoltre avrebbero anche cercato di influenzare gli scienziati dell’Intergovernmental Panel on Climate  Change(IPCC) che si occupano di compilare il rapporto sui cambiamenti climatici per l’ONU.

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Questo è quello che si evince dai documenti riservati recuperati dal team di giornalisti investigativi di Greenpeace UK, Unearthed e che pongono per l’ennesima volta l’attenzione sul tentativo delle lobby dei fossili di influenzare scienziati e autorità politiche internazionali.

Questa fuga di notizie arriva pochi giorni prima che al vertice del clima COP26 venga chiesto ai governi di assumere impegni significativi per rallentare il cambiamento climatico e mantenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi.

 


I documenti trapelati consistono in oltre 32.000 osservazioni presentate da governi, aziende e altre parti interessate al team di scienziati dell’IPCC che compilano un rapporto delle Nazioni Unite progettato per riunire le migliori prove scientifiche su come affrontare il cambiamento climatico.

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Questi rapporti vengono utilizzati dai governi per decidere quale azione è necessaria per affrontare il cambiamento climatico e l’ultimo sarà un input cruciale per i negoziati alla conferenza di Glasgow.

L’autorità di questi rapporti deriva in parte dal fatto che virtualmente tutti i governi del mondo partecipano al processo per raggiungere il consenso.

 


I commenti dei governi a ci ha avuto accesso la BCC sono progettati in maniera metodica per migliorare il rapporto a favore delle energie fossili e del nucleare.

Un consigliere del ministero del petrolio saudita chiede che “frasi come ‘la necessità di azioni di mitigazione urgenti e accelerate su tutte le scale…’ dovrebbero essere eliminate dal rapporto”.

Un alto funzionario del governo australiano rifiuta la conclusione che sia necessaria la chiusura delle centrali elettriche a carbone, anche se porre fine all’uso del carbone è uno degli obiettivi dichiarati dalla conferenza COP26.

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Altri paesi si schierano a favore di tecnologie emergenti e attualmente costose progettate per catturare e immagazzinare permanentemente l’anidride carbonica nel sottosuolo. Arabia Saudita, Cina, Australia e Giappone – tutti grandi produttori o utilizzatori di combustibili fossili – così come l’organizzazione delle nazioni produttrici di petrolio, l’Opec, supportano la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS).

 


Un certo numero di paesi per lo più dell’Europa orientale sostengono che la bozza del rapporto dovrebbe essere più positiva sul ruolo che l’energia nucleare può svolgere nel raggiungimento degli obiettivi climatici delle Nazioni Unite.

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L’India va anche oltre, sostenendo che “quasi tutti i capitoli contengono un pregiudizio contro l’energia nucleare”. Sostiene che si tratta di una “tecnologia consolidata” con “un buon sostegno politico tranne che in alcuni paesi”.

La Repubblica ceca, la Polonia e la Slovacchia criticano una tabella del rapporto secondo cui l’energia nucleare ha solo un ruolo positivo nel raggiungimento di uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Sostengono che può svolgere un ruolo positivo nel realizzare la maggior parte dell’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite.

 


Il Brasile e l’Argentina, due dei maggiori produttori al mondo di prodotti a base di carne bovina e mangimi, si oppongono con forza alle prove contenute nella bozza del rapporto secondo cui la riduzione del consumo di carne è necessaria per ridurre le emissioni di gas serra.

La bozza di rapporto afferma che le diete a base vegetale possono ridurre le emissioni di gas serra fino al 50% rispetto alla dieta occidentale media ad alta intensità di emissioni”. Il Brasile sostiene che i dati non siano corretti.

Entrambi i paesi invitano gli autori a cancellare o modificare alcuni passaggi nel testo che fanno riferimento alle “diete a base vegetale” che svolgono un ruolo nell’affrontare i cambiamenti climatici o che descrivono la carne come un alimento “ad alto consumo di carbonio”. L’Argentina ha anche chiesto che vengano rimossi dal rapporto i riferimenti alle tasse sulla carne rossa e alla campagna internazionale “Meatless Monday”, che esorta le persone a rinunciare alla carne per un giorno.

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La nazione sudamericana raccomanda di evitare la generalizzazione sugli impatti delle diete a base di carne sulle opzioni a basse emissioni di carbonio”, sostenendo che ci sono prove che le diete a base di carne possono anche ridurre le emissioni di carbonio.

Un numero significativo di commenti invece della Svizzera è diretto a modificare parti del rapporto secondo cui i paesi in via di sviluppo avranno bisogno del sostegno, in particolare finanziario, dei paesi ricchi per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni.

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Alla conferenza sul clima di Copenaghen del 2009 è stato concordato che le nazioni sviluppate avrebbero fornito 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima per i paesi in via di sviluppo entro il 2020, un obiettivo che deve ancora essere raggiunto.

I file dei commenti e l’ultima bozza del rapporto sono stati rilasciati al team di giornalisti investigativi di Greenpeace UK, Unearthed, che lo ha passato a BBC News.

 

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