Inquinamento indoor pericoloso anche con poche polveri sottili

Lo conferma uno studio, realizzato dall’ENEA e dal CNR, in collaborazione con le Università Sapienza e Milano-Bicocca. Il ricercatore Massimo Santoro spiega a TeleAmbiente metodologia e conclusioni. 

L’inquinamento indoor, nelle aree urbane, può essere pericoloso per la salute come quello all’aperto, anche in presenza di basse concentrazioni di polveri sottili. Lo rivela uno studio, condotto dall’ENEA e dall’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC), in collaborazione con le Università Sapienza di Roma e Milano-Bicocca. Lo studio, pubblicato anche sulla rivista Environmental Pollution, ha rivelato che il particolato fine e ultrafine, ma non solo, se si infiltra in un ambiente interno può causare malattie polmonari, cardiache e tumorali.

Lo studio fa parte di un progetto, iniziato qualche anno fa, denominato VIEPI, che ha visto la collaborazione di diversi enti, come ENEA, il Cnr, l’Inail, l’Università La Sapienza e quella di Cagliari. Il progetto era mirato a verificare la salubrità degli ambienti di lavoro e il nostro studio si è incentrato su una campagna, nel marzo scorso, presso un’aula universitaria della Sapienza di Roma” – ha spiegato Massimo Santoro, ricercatore ENEA tra gli autori dello studio – “Abbiamo valutato la componente chimico-fisica dell’aerosol all’interno dell’aula, durante un normale periodo di corsi universitari, e abbiamo notato come gli inquinanti presenti nell’aula potessero andare a influenzare la risposta di cellule bronchiali umane“.

In ENEA abbiamo un sistema con cui possiamo creare una sorta di polmone artificiale, e possiamo valutare la risposta tossicologica delle cellule bronchiali. Si tratta di un sistema molto innovativo, è una delle prime volte in cui viene utilizzato sul campo, e ci ha permesso di valutare cosa succedeva in quel lasso di tempo” – ha aggiunto il biologo molecolare – “I dati emersi sono molto interessanti, anche perché la maggior parte degli studi si basa sull’inquinamento esterno ma quello interno non può essere sottovalutato, dal momento che passiamo la maggior parte del nostro tempo in ambienti chiusi. Inoltre, lo studio ha evidenziato come il traffico veicolare, in condizioni meteo quali pioggia, vento e bassa pressione, porti un aumento delle particelle ultrafini anche negli ambienti chiusi“.

Le particelle ultrafini possono essere molto dannose, abbiamo valutato la risposta di alcuni geni implicati nell’infiammazione e abbiamo notato l’attivazione di specifici geni che innescano una risposta biochimica, da parte dell’organismo, che serve ad eliminare le sostanze dannose con cui siamo venuti a contatto” – ha concluso Massimo Santoro – “Se l’esposizione a queste sostanze è prolungata, si innesca un meccanismo infiammatorio molto importante che può portare a patologie gravi del tratto respiratorio. La cosa più importante è cercare di intraprendere politiche mirate a migliorare la qualità dell’aria all’esterno, ma anche quella al chiuso, con sistemi di aerazione più efficaci che possano migliorare la salubrità degli ambienti interni. Questo, ovviamente, ha anche una ricaduta su altri aspetti come il risparmio energetico“.

Anche se non si tratta di uno studio inedito, dal momento che ricerche sulla qualità dell’aria negli ambienti interni sono già state svolte in passato, quello svolto dall’ENEA e dal Cnr in collaborazione con altri enti e atenei ha l’aspetto, particolarmente innovativo, di aver misurato non solo la quantità di inquinanti presenti in un ambiente chiuso, ma anche di aver simulato e stimato la risposta dell’organismo di fronte alla presenza di particelle ultrafini.