Infertilità e PMA, il sospetto del nucleare

A TeleAmbiente parla la dottoressa Arianna Pacchiarotti, direttrice del Centro PMA dell’ospedale San Filippo Neri di Roma. Che poi lancia un importantissimo appello a tutte le giovani donne.

L’infertilità sempre più diffusa a livello giovanile e l’aumento, tra le donne di età compresa tra i 22 e i 37 anni, del ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) sono due dati assolutamente legati tra loro. In un Paese come l’Italia, alle prese con la denatalità, la PMA si sta dimostrando uno strumento utile se non fondamentale. Lo conferma anche la relazione inviata al Parlamento basata sui dati 2021.

E come spiega la dottoressa Arianna Pacchiarotti, direttrice del Centro PMA dell’ospedale San Filippo Neri di Roma, l’unico centro pubblico del Centro-Sud, c’è un forte sospetto che la bassa riserva ovarica delle giovani donne sia legata in qualche modo al nucleare.

L’insufficienza ovarica e i problemi alla tiroide

L’idea ci è venuta perché negli ultimi anni abbiamo avuto un incremento importante di donne che hanno fatto ricorso alla PMA. Donne giovanissime, anche poco più che ventenni, affette da insufficienza ovarica prematura. Ci siamo chiesti perché e tramite un programma statistico che utilizziamo nel nostro Centro, abbiamo visto che la maggior parte di loro avevano anche problemi alla tiroide” – il punto della dottoressa Pacchiarotti – “Incrociando i dati e facendo delle statistiche, abbiamo visto addirittura che riguardava il 69% delle nostre pazienti, un dato statisticamente significativo che quotidianamente viene confermato“.

Il legame tra nucleare e tiroide

Esistono gli interferenti endocrini, che hanno un effetto sull’apparato riproduttivo in termini di produzione di ormoni sessuali, ma qui parliamo di un altro problema molto specifico: quello autoimmune, degli anticorpi rivolti verso la tiroide” – aggiunge la direttrice del Centro PMA del San Filippo Neri di Roma – “Chiaramente, gli effetti del nucleare (compreso quello con cui veniamo a contatto anche in maniera inconsapevole) sulla tiroide sono molto noti. L’incidenza del nucleare sull’aumento dei tumori della tiroide è confermata da tempo. Nello studio che stiamo conducendo, al di là dei fattori ambientali che non possono essere eliminati, la correlazione con la ridotta riserva ovarica nelle donne giovani è statisticamente molto significativa“.

L’ipotesi degli effetti di Chernobyl

Il problema della tiroide in queste donne è certo, l’ipotesi sugli effetti di Chernobyl viene dal fatto che la decade di nascita di queste donne affette da ridotta riserva ovarica corrisponde a quelle mamme che all’epoca dell’incidente nucleare erano in età puberale e che quindi potrebbero aver avuto il maggior danno dal punto di vista dei gameti femminili” – spiega ancora la dottoressa Arianna Pacchiarotti – “Questa ipotesi dovrà essere confermata da studi lunghissimi e approfonditi, e i campioni dovrebbero essere diverse decine di migliaia. L’ipotesi su questo studio-pilota in questo caso è confermata: ripulito il dato, emerge la correlazione e potrebbe essere dovuta proprio all’incidente nucleare di Chernobyl“.

L’appello per il social freezing

La dottoressa Pacchiarotti lancia poi un appello importantissimo a tutte le giovani donne.

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