Il rogo che ha bruciato oltre cento ettari di bosco e ucciso animali selvatici in Val Venosta è stato devastante, ma non è neanche il primo, nella stessa zona, in questo 2025.
Siamo solo in primavera, ma il clima è già più caldo e secco della media del periodo e, inevitabilmente, iniziano a creare problemi gli incendi. Anche in quelle zone di montagna dove le temperature dovrebbero essere più fresche ma dove le condizioni sono anche naturalmente secche e, con la siccità degli ultimi tempi, questo fenomeno viene amplificato.
È il caso, ad esempio, delle montagne sopra Prato allo Stelvio, in Alto Adige, dove per oltre 24 ore sono andati a fuoco oltre 100 ettari di bosco. Un focolaio così ampio che, per domare le fiamme, sono intervenuti quasi 300 vigili del fuoco con ogni mezzo, velivoli compresi. Ancora da accertare le cause del rogo, divampato poco dopo le 13 di giovedì 10 aprile e che ha divorato querce, pini, abeti rossi e larici, gli alberi più comuni nei boschi della Val Venosta. Tutti i focolai non sono ancora stati domati, ma dopo oltre un giorno la situazione è tornata sotto controllo nonostante il forte vento e la vegetazione secca che hanno favorito l’avanzata delle fiamme.
I forti venti che hanno interessato la zona, di fatto, hanno spostato letteralmente una gigantesca colonna di fumo verso il vicino Trentino. In meno di un giorno, la Val Venosta ha perso una buona parte del suo prezioso patrimonio naturale, e non si tratta certo di un fatto inedito in questo 2025. Incendi analoghi, seppur di proporzioni più ridotte, si sono verificati già un mese fa nella stessa zona, a dimostrazione di come il cambiamento climatico ‘allunghi’ la stagione degli incendi, indipendentemente dall’origine. E altri roghi, fortunatamente abbastanza contenuti, hanno interessato altre zone d’Italia.