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Il sistema dei resi dell’e-commerce genera 24 milioni di tonnellate di emissioni di CO2

il reso Amazon produce tonnellate di CO2

Amazon e altre piattaforme consentono di effettuare acquisti dal divano di casa, ma il sistema dei resi è dannoso per i rivenditori e per l’ambiente 

Amazon, e più in generale l’e-commerce, hanno rivoluzionato la nostra vita. In poco tempo e con pochi click possiamo ricevere a casa qualunque oggetto di cui abbiamo bisogno, dagli elettrodomestici ai vestiti, passando per i prodotti di bellezza. Ma come ogni grande invenzione, dietro si cela un punto debole: quello delle restituzioni. Il sistema dei resi è gratuito per i consumatori ma è oneroso per i rivenditori. Senza contare poi i danni all’ambiente.

Il report della National Retail Federation

Secondo un’analisi della National Retail Federation, la federazione nazionale dei commercianti statunitensi, nel 2022 negli Stati Uniti il reso ha riguardato circa il 17% della merce acquistata, per un totale di 816 miliardi di dollari. Si tratta di un danno per gli esercenti che per ogni miliardo di dollari di vendite vedono svanire 165 milioni in resi. Ma soprattutto il processo di restituzione ha generato circa 24 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, che contribuiscono al riscaldamento del pianeta.

Il complesso sistema di restituzione e smaltimento

Come può un reso inquinare così? Il problema è che il trasporto della merce verso un centro di restituzione rende necessario l’impiego di camion, navi o aerei che, durante il tragitto, producono gas inquinanti per centinaia o migliaia di chilometri. Inoltre quando il prodotto ritorna al magazzino avviene il disimballaggio e carta, cartone e plastica del packaging diventano rifiuti. Spesso il prodotto non può essere rivenduto come nuovo, ecco che entra in gioco la questione dello smaltimento. Secondo le stime nel 2019 negli Stati Uniti circa due milioni di tonnellate di resi sono arrivati in discarica. Una quantità enorme, soprattutto se si considera che cifre analoghe valgono per l’Europa.

Il commento di Amazon sulla politica dei resi

Dal canto suo, il colosso fondato da Jeff Bezos, dichiara di aver messo in campo nuove strategie quando si parla di resi. “La gestione dei resi e degli articoli invenduti rappresenta una sfida per qualunque rivenditore – fa sapere l’azienda – i modelli di cui ci avvaliamo in Amazon sono studiati per massimizzare l’uso e il riuso, e ridurre quindi al minimo lo spreco“. Amazon ha poi chiarito che “in Europa, quando avviene un reso, nella maggioranza dei casi viene rimesso in vendita in modo che un altro cliente possa acquistarlo, a seguito di un’ispezione approfondita. Nel caso non possa essere rivenduto, il nostro obiettivo è donarlo. Alcuni prodotti non possono essere né venduti, né rivenduti, né donati. Spesso ciò avviene perché sono danneggiati, obsoleti, privi delle informazioni necessarie per identificarli, o hanno passato la loro data di scadenza. In questi casi, la nostra priorità è il riciclo“.

Alcune iniziative per correre ai ripari

Di fronte a questi sprechi, alcuni negozi sono corsi ai ripari. Per esempio si è ridotto il periodo entro il quale è possibile effettuare il reso, oppure si utilizzano dei camerini virtuali per ridurre le restituzioni nel settore dell’abbigliamento. Sempre Amazon ha sviluppato una serie di servizi, per esempio quello di aiutare il consumatore a prendere decisioni d’acquisto più consapevoli grazie a informazioni dettagliate sui prodotti, foto e video, recensioni dei clienti, grafici di vestibilità e dimensioni, nonché le funzioni “Domande e Risposte dei clienti” e “Confronta prodotti simili”. “Per alcune categorie offriamo anche strumenti di realtà aumentata, in modo che i clienti possano visualizzare i prodotti in modo da valutarne direttamente la compatibilità e lo stile” comunica l’azienda. Ma sono i consumatori che, per primi, devono fare la loro parte comprando solo lo stretto necessario ed evitando il più possibile i resi.