Lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia accelera, con gravi implicazioni per il livello del mare. Allo stesso tempo, la regione attira l’interesse geopolitico degli USA per le sue risorse strategiche.
Per anni ai non addetti ai lavori la Groenlandia è sembrata poco più di un’enorme distesa di ghiaccio tra l’Europa e l’America. Oggi, complice l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump e le sue mire espansionistiche, l’enorme isola è diventata protagonista dei racconti sulle tensioni geopolitiche e gli interessi economici di diverse potenze mondiali.
Il motivo? La grande quantità di materie prime conservate sotto i ghiacciai groenlandesi.
Ma se per noi tutti l’importanza della Groenlandia rappresenta una novità, per climatologi e glaciologi di tutto il mondo la regione ha sempre rivestito un ruolo centrale.
Groenlandia, hot spot della crisi climatica
L’attenzione degli studiosi sulla regione non è mai scemata. E un nuovo studio da poco pubblicato dimostra ancora una volta la centralità della Groenlandia nell’analisi della crisi climatica e delle sue conseguenze.
Secondo un’analisi condotta dall’Università di Durham, negli ultimi anni la Groenlandia ha assistito a un’accelerazione senza precedenti nella formazione di crepacci all’interno della sua calotta glaciale.
Lo studio ha evidenziato che tra il 2016 e il 2021 i crepacci sono aumentati in volume fino al 25,3% nelle aree a rapido scorrimento, principalmente ai margini della calotta. Su scala globale, l’incremento medio è stato del 4,3%.
I ricercatori hanno analizzato oltre 8.000 modelli 3D della superficie glaciale, ottenuti da immagini satellitari ad alta risoluzione, per mappare l’evoluzione dei crepacci in un periodo di cinque anni.
I risultati indicano che il riscaldamento globale sta causando temperature dell’aria e degli oceani più elevate, favorendo lo scioglimento della calotta glaciale e l’aumento del flusso di ghiaccio verso l’oceano. Questo processo crea un ciclo di feedback positivo: l’aumento dei crepacci accelera il flusso dei ghiacciai, incrementando il distacco di iceberg (calving), che a sua volta facilita la formazione di nuovi crepacci.
Dal 1992, lo scioglimento della Groenlandia ha contribuito a un innalzamento del livello del mare di circa 1,4 cm. Se la tendenza osservata continua, i ghiacci della Groenlandia potrebbero aggiungere fino a 30 cm al livello del mare entro il 2100.
Gli occhi di Trump sulla Groenlandia
Ma se lo scioglimento degli enormi ghiacciai della Groenlandia rappresenta un problema per la tenuta climatica del Pianeta, agli occhi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump rappresenta un’opportunità. Tanto da non nascondere affatto l’interesse del tycoon per la regione che al momento è un territorio danese.
Ma perché? La Groenlandia è ricca di petrolio, gas naturale, uranio e terre rare, elementi fondamentali per l’energia e l’industria tecnologica.
Trump, da sempre favorevole ai combustibili fossili, ha dichiarato di voler continuare a sfruttare petrolio e gas, nonostante il loro impatto sulle emissioni di CO2. Tuttavia, con la transizione energetica in corso, gli USA stanno mostrando un crescente interesse anche per altre risorse strategiche, come uranio e terre rare. L’uranio è fondamentale per l’energia nucleare, mentre le terre rare sono essenziali per molte tecnologie sostenibili, tra cui batterie per l’accumulo energetico, turbine eoliche e motori elettrici ad alta efficienza. In particolare, i lantanidi sono utilizzati nei magneti permanenti impiegati nei motori elettrici, mentre elementi come cobalto, nickel e litio sono cruciali per le batterie agli ioni di litio.
Uno dei motivi principali dell’interesse degli USA per la Groenlandia è la necessità di ridurre la dipendenza dalla Cina, che attualmente detiene circa il 37% delle riserve mondiali di terre rare e domina il mercato grazie al suo avanzato settore tecnologico. Trump, da sempre critico nei confronti della crescita economica e politica cinese, potrebbe vedere nella Groenlandia un’opportunità per ridurre l’influenza di Pechino su queste risorse chiave. Tuttavia, l’accesso ai giacimenti groenlandesi è reso difficile dalla massiccia coltre di ghiaccio che ricopre il territorio.