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AUSTRALIA, GRANDE BARRIERA CORALLINA. ECCO COME STA RINASCENDO

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Grande Barriera Corallina. Dopo l’allarme lanciato a marzo da ambientalisti e studiosi e la necessità di prendere urgentemente misure per ridurre il riscaldamento globale, la Grande Barriera Corallina, dichiarata Patrimonio dell’Umanità, rinasce grazie ad un esperimento pilota condotto da un team di scienziati australiani.

La tecnica messa a punto dalla Southern Cross University consiste nel trapiantare milioni di larve nelle zone più danneggiate per proteggere i futuri coralli dagli effetti esterni come onde e correnti, ma soprattutto  dal riscaldamento globale e dall’inquinamento delle acque.  Si tratta di un sistema non invasivo, pensato per adattarsi al processo naturale dei sistemi corallini, coprendo le larve con speciali tende a maglia di 100 mq. L’obiettivo è quello di utilizzare il nuovo metodo su larga scala.

Dopo due anni consecutivi di massiccio sbiancamento dei coralli, non è sufficiente proteggere le barriere dalla pesca e migliorare la qualità dell’acqua. Il processo di sbiancamento è legato ad importanti aumenti della temperatura dell’acqua dovuti ai cambiamenti climatici, causando la perdita del colore del corallo e indebolendo l’alga che gli fornisce ossigeno e nutrienti. Si tratta di un processo che mette a rischio la vita dell’intero ecosistema.  Per approfondire: Grande Barriera Corallina a rischio estinzione.

Il riscaldamento globale è la minaccia numero uno per la barriera corallina. Lo sbiancamento che si è verificato nel 2016 rafforza fortemente la necessità urgente di limitare il cambiamento climatico, come concordato dai leader mondiali nell’Accordo di Parigi”, afferma David Wachenfeld del Parco marino della Grande barriera .

La Grande Barriera Corallina, una delle principali attrazioni turistiche dell’Australia, potrebbe perdere lo status di patrimonio mondiale dell’Unesco  che ha guadagnato nel 1981.  “Quello del 2016 è stato il terzo maggior episodio che ha colpito la Grande Barriera Corallina dopo le più recenti ondate di calore del 1998 e del 2002”, ha affermato Terry Hughes, professore a capo dell’Arc Centre of Excellence for Coral Reef Studies.

Il professor Peter Harrison alla guida del gruppo di ricerca della Southern Cross University  ha dichiarato “questi processi non invasivi sono una nuova maniera di guardare al problema ed è probabilmente la sola speranza per il futuro in termini di restaurazione su larga scala“.