Una rete fantasma da 500 metri è stata rimossa dai fondali intorno all’Isola del Giglio. Un’operazione resa possibile dai sub di Marevivo, insieme alla Guardia costiera.
Una rete fantasma da ben 500 metri è stata rimossa dai fondali intorno all’Isola del Giglio. Un’incredibile operazione di recupero, quella resa possibile dai sub di Marevivo e dalla Guardia Costiera-Corpo delle Capitanerie di Porto di Porto Santo Stefano e Isola del Giglio. Ma anche una grande notizia per l’ambiente e la biodiversità marina, se si considera che le reti da pesca abbandonate sono i rifiuti maggiormente presenti in tutto il mondo.
Una rete da pesca lunga 500m rimossa dai fondali dell’Isola del Giglio! I nostri sub, con il supporto della @guardiacostiera e il sostegno di @BanorSim, si sono immersi per recuperare una rete fantasma che stava mettendo in pericolo la biodiversità. Guardaci in azione! pic.twitter.com/Jbg9rdhJES
— Marevivo Onlus (@MarevivoOnlus) September 2, 2021
L’operazione è stata coordinata dai biologi marini di Marevivo, che hanno anche analizzato lo stato della rete, adagiata su un fondale caratterizzato dalle tipiche biocenosi del coralligeno del Mediterraneo. “Questo recupero rappresenta il grande lavoro di stretta collaborazione che portiamo avanti da anni con le amministrazioni e le associazioni delle isole minori” – ha spiegato Rosalba Giugni, presidente di Marevivo – “Grazie alle indicazioni di un centro immersioni, è stata segnalata la rete di 500 metri in una zona nei pressi di quella tristemente coinvolta dal naufragio della Costa Concordia. Ed è così che abbiamo deciso di intervenire“.
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Se le spiagge italiane sono invase dai rifiuti, quello che accade nella profondità delle acque è ancora più grave. Il dramma, che coinvolge tutti i Paesi del mondo, è stato anche quantificato da vari rapporti, come quello realizzato da Fao e Unep: si stimano, ogni anno, dalle 640mila alle 800mila tonnellate di attrezzature da pesca abbandonate in mare. Il Great Pacific Garbage Patch, più comunemente chiamato ‘Isola di plastica’, è costituito per il 46% da attrezzature e reti da pesca. Nel Mediterraneo il dato è ancora più drammatico: le attrezzature da pesca superano l’80% dei rifiuti marini registrati.