Lutto nel giornalismo italiano: morto uno dei più brillanti autori televisivi e scrittori della nostra epoca.
Addio a Gianni Minà. Il giornalista, scrittore e autore televisivo è morto lunedì 27 marzo a Roma, dopo una breve malattia cardiaca: aveva 84 anni. Nella giornata di domani, mercoledì 29 marzo, sarà allestita la camera ardente in Campidoglio, che resterà aperta dalle 10 alle 19. I funerali saranno invece celebrati in forma strettamente privata.
L’annuncio della morte è stato dato dalla famiglia direttamente sulla pagina Facebook ufficiale del giornalista, tra i più brillanti della nostra epoca: “Gianni Miná ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al Prof. Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità“.
Nato a Torino nel 1938 da genitori siciliani, Gianni Minà iniziò la carriera da giornalista nel 1959 a Tuttosport, ma l’anno successivo passò in Rai, dove per decenni realizzò centinaia di reportage e programmi tv. Nella sua lunga carriera, Gianni Minà intervistò o realizzò documentari su personaggi del calibro di Fidel Castro, Federico Fellini, Jane Fonda, Franco Battiato, il Dalai Lama, Massimo Troisi, Pino Daniele, Sergio Leone, Rober De Niro, Gabriel Garcia Marquez, il Subcomandante Marcos, Rigoberta Menchú, Muhammad Ali, Diego Armando Maradona, Marco Pantani e Pelè. Con molti di loro, riuscì anche a instaurare un profondo rapporto di amicizia. E negli anni delle dittature militari in Sud America, Gianni Minà fu uno strenuo difensore dei diritti dei popoli. Come quando, durante i Mondiali del 1978 in Argentina, fu espulso prima di poter assistere alla finale per aver fatto domande sui desaparecidos.
Tra le numerose collaborazioni di Gianni Minà, quelle con La Repubblica, L’Unità, il Corriere della Sera e il Manifesto. Decine anche i libri pubblicati e tanti i premi ricevuti per la carriera da giornalista e da documentarista. Le sue produzioni, ma soprattutto il suo metodo di lavoro, restano indubbiamente l’eredità più preziosa per le nuove generazioni di giornalisti.