Il Ghana sta soffocando sotto ai rifiuti tessili. L’inquinamento sociale e ambientale della fast fashion denunciato dagli attivisti di Greenpeace a Berlino.
Le reti dei pescatori di Accra, capitale del Ghana, ormai raccolgono più vestiti che pesci. È la triste realtà di un Paese diventato il maggior importatore di vestiti usati del mondo e, di conseguenza, con una delle più grandi discariche di rifiuti tessili.
Greenpeace Germania in concomitanza con l’inizio della settimana della moda a Berlino, lunedì, ha protestato depositando una montagna di vestiti ai piedi della Porta di Brandeburgo, nel cuore della capitale tedesca. Sul container il messaggio “#Return to sender”.
Gli attivisti hanno ribadito la necessità che il settore della moda sia ritenuto responsabile di contribuire all’inquinamento, in particolare attraverso l’utilizzo della plastica per gli indumenti.
La protesta porta alla luce il greenwashing dell’industria della moda ma soprattutto la questione dell’esportazione dei rifiuti tessili – contenenti plastica – nei Paesi del Terzo Mondo, provocando enormi problemi di inquinamento.
Viloa Wohlgemuth, militante di Greenpeace per la protezione delle risorse chiarisce: “Stiamo protestando contro il colonialismo dei rifiuti dell’industria della moda. Perché dietro di me ci sono 4,6 tonnellate di tessuti, pari a 19.000 capi di abbigliamento, e rifiuti di plastica che finiscono in Ghana in appena una settimana. Questo provoca un massiccio inquinamento del suolo a livello locale e problemi di salute. È assurdo che i nostri tessuti diventino rifiuti di plastica della moda, da esportare in altri Paesi“.
This is the mountain of fashion waste that lands in Ghana in just ONE WEEK.
Activists protest at the Brandenburg Gate at the start of Berlin Fashion Week. @greenpeace_de @Greenpeaceafric pic.twitter.com/GK9dnY0c8Y
— Greenpeace International (@Greenpeace) February 9, 2024
“Bisogna fare qualcosa per le microplastiche contenute in questi tessuti, che stanno causando danni e inquinamento agli oceani e alla terraferma”, spiegano gli attivisti, chiedendo all’industria della moda di assumersi la responsabilità dei propri rifiuti.
Il Ghana è soffocato dai rifiuti tessili
Le reti dei pescatori del Ghana, ormai pescano più vestiti che pesci. Secondo l’organizzazione ambientalista ghanese OR Foundation, ogni settimana arrivano al mercato di Kantamanto ad Accra – 20 ettari di banchi pieni di vestiti di seconda mano – circa 15 milioni di imballi. Circa il 40% degli indumenti però, è troppo danneggiato per essere venduto, viene gettato in discariche a cielo aperto, finendo spesso nell’oceano.
L’inarrestabile ascesa della fast fashion ha aumentato in modo esponenziale la produzione di abiti, economici ma di scarsa qualità, facendo cresce la cultura dell’usa e getta. I vestiti usati poi, arrivano nei Paesi del Terzo Mondo.
Secondo l’Osservatorio della complessità economica (OEC), nel 2021 il Ghana è diventato il principale importatore mondiale di abiti usati. Ogni mese, 214 milioni di dollari di vestiti vengono spediti nel Paese dell’Africa occidentale, soprattutto da Regno Unito, Canada e Cina. Si stima che questa attività abbia creato fino a 30.000 posti di lavoro, ma ha anche innescato una crisi ambientale e sociale.