Un problema essenzialmente burocratico, con rimpalli evidenti tra il Ministero della Salute e l’azienda produttrice dei farmaci, di fronte al quale la politica, ma anche le associazioni dei volontari e i medici veterinari, chiedono autorizzazioni e deroghe nel minor tempo possibile.
Il caso delle cure contro la FIP, la peritonite infettiva felina, è approdato anche in Parlamento. Alcuni deputati, infatti, hanno rivolto un’interrogazione al ministro della Salute, Orazio Schillaci, per chiedere di autorizzare i farmaci più efficaci nel curare una malattia, causata da un coronavirus felina, tanto diffusa quanto letale. A morire, infatti, è addirittura il 96% dei gatti sintomatici, e solo alcuni particolari tipi di farmaci antivirali, non ancora autorizzati in Italia e in Europa, consentono agli animali di sopravvivere.
La questione è particolarmente delicata, anche perché di fronte alla disperazione dei padroni di gatti praticamente condannati a morte, si è venuto a creare un vero e proprio business dell’illegalità, che viaggia sul web e consente di acquistare, ovviamente a prezzo maggiorato, farmaci importati dalla Cina. La politica, insieme alle associazioni di volontari e dei medici veterinari, chiede con forza di autorizzare ufficialmente le cure, anche per poter agire nella legalità e garantire la sicurezza dei farmaci e della loro applicazione. E non solo: questo consentirebbe di risolvere il dilemma a cui sono sottoposti i veterinari, che devono scegliere tra non curare i gatti e farlo, ma violando le regole e rischiando conseguenze legali oltre alla radiazione.
“Stiamo cercando, con la collega Stefania Ascari che ha fatto un’interrogazione, di rendere queste cure fruibili e legali. Parliamo di un farmaco salva-vita, che salva la vita ai gatti, ed è assurdo che non sia ancora legale. Se un veterinario te lo propone o te lo fornisce, può essere addirittura radiato, è una follia” – ha spiegato a TeleAmbiente l’onorevole Susanna Cherchi, deputata del Movimento 5 Stelle – “Bisogna rendere questo farmaco legale e immediatamente disponibile per tutti i veterinari. Spero che riusciremo nel nostro obiettivo, il problema, come sempre, è essenzialmente burocratico“.
“Abbiamo presentato due interrogazioni parlamentari al Ministero della Salute e con il collega Paolo Bernini, che ringrazio, tra dieci giorni andremo a chiedere personalmente per chiedere una semplice deroga” – il punto di Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle – “Il farmaco è già pronto e disponibile, può salvare tante vite animali e non si comprende perché, ad oggi, si stia aspettando“.
“Il Ministero della Salute ci ha detto che l’azienda produttrice non fornisce i dati, l’azienda ci ha detto che il Ministero non fornisce i dati” – ha spiegato invece Paolo Bernini, attivista, già deputato del Movimento 5 Stelle e oggi vicepresidente del Comitato Antispecista Difesa Animali Protezione Ambiente (CADAPA) – “Siamo in questa impasse, ma basta una semplice deroga, visto che il farmaco è disponibile per l’utilizzo umano ma non per quello animale. La questione è molto semplice, basta una circolare del Ministero“.
“Da anni ci occupiamo della gestione di strutture per l’accoglienza di gatti e, in questo caso particolare, stiamo portando avanti da tempo la battaglia per la legalizzazione del farmaco che cura la FIP, una malattia che sta mietendo migliaia e migliaia di vittime tra i gatti. Il problema, tra l’altro, non riguarda solo l’Italia ma tanti altri Paesi, compresi quelli che hanno già affrontato il problema utilizzando in deroga il farmaco di cui parliamo” – il commento di Antonio Dercenno, presidente della Fondazione Oasi Felina di Pianoro – “Da noi, invece, siamo costretti a utilizzare il farmaco attraverso il mercato nero, spesso gestito da sciacalli, da persone disoneste e assolutamente incompetenti. Siamo arrivati ad un paradosso per cui il cattivo uso del farmaco, che viene indotto dalla criminalità, sta facendo più morti tra i gatti della malattia stessa. Quindi noi ci stiamo battendo perché venga legalizzato e tolto dal mercato nero questo farmaco, che noi utilizziamo, perché curiamo i gatti, e che venga affidato agli unici che devono gestirlo, e cioè i medici veterinari“.
“Dal punto di vista giuridico, a mio avviso, si tratta quasi di un paradosso, laddove vi è un diritto alla salute dei gatti, anche quelli che contraggono la FIP, e ad usufruire di assistenza medico-veterinaria e di servizi qualitativamente elevati. È chiaro che, esistendo la cura, esistendo il farmaco ed esistendo tale diritto, ecco che a quel punto bisogna semplicemente unire i puntini. Dobbiamo considerare il diritto alla salute, il diritto all’assistenza veterinaria e anche il diritto all’adozione, perché è ovvio che un gatto affetto da FIP poi ha un indice di adottabilità molto più basso. E poi c’è anche un diritto dei contribuenti a veder utilizzati i fondi pubblici in modo efficace, ovviamente un gatto malato di FIP ha maggiori possibilità di fare ingresso in gattile nel momento in cui le famiglie si sentono, o sono, inadeguate all’assistenza” – il punto dell’avvocata Federica Faiella, presidente della Fondazione Cave Canem – “E ovviamente, quei gatti che contraggono la FIP e che si trovano in gattile, con maggiori difficoltà saranno adottati e quindi resteranno in struttura a spese delle amministrazioni comunali territorialmente competenti. Autorizzare l’utilizzo di questo farmaco è sintomatico di evoluzione culturale, del riconoscimento dei diritti di cui abbiamo parlato e anche di un’evoluzione nella modalità di assistere dal punto di vista medico-veterinario i gatti affetti da questa patologia“.