La rassicurazione dell’Aiea si basa unicamente su quanto dichiarato da Tepco, la società che gestisce la centrale nucleare. Pechino tuona: “Giappone inaffidabile, serve una supervisione internazionale”.
Dopo la fuoriuscita di acqua radioattiva non trattata da un sistema di filtraggio della centrale nucleare di Fukushima, torna la preoccupazione per l’impatto ambientale a quasi 13 anni dal disastro causato dal terremoto e dallo tsunami che colpirono il Giappone orientale. Tepco, società che gestisce l’impianto, ha stimato una perdita di circa 5,5 tonnellate di acqua, con una concentrazione di sostanze radioattive fino a 220 volte superiore alla norma.
Nei luoghi intorno alla perdita, causata forse da una valvola rimasta aperta a seguito di un’ispezione, Tepco non avrebbe però rilevato variazioni significative dei valori di radioattività. Anche l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha confermato che non c’è nessun rischio per l’ambiente, ma lo ha fatto unicamente sulla base delle rassicurazioni della società che gestisce la centrale nucleare. Rassicurazioni che non convincono, soprattutto perché Tepco sta per avviare la rimozione del terreno intorno a quell’area, per via di una possibile contaminazione.
Quanto accaduto nelle scorse ore non ha fatto altro che aumentare la preoccupazione della popolazione e le proteste dei Paesi vicini. A cominciare dalla Cina, già ampiamente contraria al piano giapponese di sversamento, nell’oceano, dell’acqua trattata utilizzata per raffreddare i reattori della centrale dopo l’incidente nucleare. Pechino chiede una maggiore supervisione internazionale dell’impianto di Fukushima, accusando il Giappone di non aver avviato un sistema di controlli davvero efficace e sostenendo che il problema riguarda “la salute di tutta l’umanità, l’ambiente marittimo globale e l’interesse pubblico internazionale“.
Il piano di sversamento nell’oceano dell’acqua trattata e immagazzinata per oltre un decennio a Fukushima era iniziato nell’agosto del 2023 e proseguirà per circa 30 anni. La Cina, da lungo tempo, è il Paese che con più ferocia si è opposto al controverso piano del governo giapponese, ma non è l’unico. Proteste e preoccupazioni, nel corso degli ultimi anni, sono state espresse anche da Russia, Corea del Sud, Corea del Nord e anche dai residenti e dai pescatori che vivono e lavorano nei pressi di Fukushima.