“In un mondo in cui 783 milioni di persone soffrono la fame, sprechiamo oltre un miliardo di pasti ogni singolo giorno” è questo il messaggio che emerge dal Food Waste Index Report 2024 delle Nazioni Unite.
Si tratta di un documento il cui scopo è aumentare la consapevolezza sullo spreco di cibo e fare luce sulle dinamiche che portano alla perdita di importanti risorse. I numeri servono anche a misurare i progressi fatti verso l’obiettivo della riduzione del 50% dello spreco alimentare entro il 2030.
Avendo a disposizione dei dati dettagliati i Paesi possono agire sui nodi più problematici per lo spreco alimentare.
La perdita di beni alimentari genera tra l’8 e il 10% delle emissioni globali di gas serra e contribuisce così alla perdita di biodiversità. Le azioni individuali hanno un forte impatto nella lotta al cambiamento climatico poiché le città hanno strumenti che permettono di trasformare in circolare l’economia che ruota attorno al cibo.
Basti pensare che in media ogni persona spreca 79kg di cibo all’anno. Ma non si tratta di un problema dei “Paesi ricchi”, il Report ha registrato un aumento di spreco anche nei Paesi con un Pil pro capite più basso, solo una differenza di 7 kg di spreco all’anno separa le diverse nazioni a seconda della loro ricchezza. I Paesi in cui le temperature sono più alte hanno un elevato livello di spreco, probabilmente perché una maggiore parte del cibo deperisce velocemente a causa della mancanza di una efficace catena del freddo che assicuri la freschezza degli alimenti deperibili.
In tutto il mondo soltanto quatto Paesi del G20 (Australia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) oltre all’Unione europea registrano dei livelli di spreco che segnano un avanzamento verso il traguardo del 2030. In particolare l’UK ha registrato una diminuzione degli sprechi del 31% e il Giappone del 18%.
Tali realtà mostrano come sia possibile ridurre gli sprechi attraverso il coinvolgimento delle istituzioni e delle aziende di ogni dimensione accanto a campagne di sensibilizzazione della popolazione.