Le foglie assorbono con facilità le microplastiche. Lo studio

Le foglie assorbono con facilità le microplastiche. Lo studio

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Le foglie possono assorbire le microplastiche presenti nell’aria. Un nuovo studio pubblicato su Nature rivela il danno dell’inquinamento da plastica alle piante e agli organismi che le mangiano.

Le microplastiche, particelle di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm, si trovano ormai ovunque. Le ricerche scientifiche hanno rilevato questi minuscoli frammenti quasi dappertutto: acqua, terreno, aria, cibi, bevande e persino negli organi umani, tra cui placenta e cervello.

A lanciare un nuovo allarme sull’inquinamento da plastica è un recente studio pubblicato su Nature. Le microplastiche riescono a penetrare nelle foglie delle piante, aggirando il loro sistema di difesa e attraversando con facilità le membrane, provocando danni non solo agli alberi e agli ortaggi, ma anche agli animali e agli esseri umani che se ne nutrono.

La ricerca è stata condotta da un team di scienziati provenienti dal College of Environmental Science and Engineering dell’Università di Nankai, dall’Università del Massachusetts Amherst, dal Centro di ricerca per le scienze eco-ambientali dell’Accademia cinese delle scienze, dalla Northeastern University e dall’Accademia di scienze agricole e forestali di Pechino.

Le principali particelle rilevate nelle foglie dai ricercatori derivano da due polimeri molto diffusi: il polietilene tereftalato (PET) e il polistirene (PS). Queste due molecole sono ampiamente utilizzate nella produzione di imballaggi per bevande e tessuti sintetici. Gli scienziati hanno analizzato piante provenienti da diversi ecosistemi per comprendere la concentrazione delle molecole nell’ambiente. Dai risultati è emerso che anche lontano dagli ambienti urbani, le piante assorbono grandi quantità di microplastiche – trasportate dall’aria – che vanno ad integrarsi nella catena alimentare, contaminando involontariamente anche gli organismi che si nutrono di esse.

La ricerca ha esaminato tre specie comunemente utilizzate: il grano (Triticum aestivum), la lattuga (Lactuca sativa) e l’Arabidopsis thaliana, una pianta utilizzata nei laboratori a scopi scientifici. Le analisi hanno mostrato la presenza delle microplastiche non solo sulle foglie, ma anche nei tessuti interni delle piante, dimostrando che i frammenti di plastica riescono a entrare nel sistema linfatico vegetale. Non è la prima volta che gli scienziati studiano la presenza delle microplastiche nelle piante: una ricerca australiana aveva analizzato anche le foglie della specie Chirita sinensis, rilevando anche in questa l’assorbimento delle particelle.

Un altro studio aveva rilevato la presenza dei residui in plastica nelle verdure a foglia non coltivate in laboratorio individuando anche l’origine delle microplastiche: gli pneumatici.

In alcuni casi, l’assorbimento degli inquinanti avviene anche attraverso le radici. Secondo la ricerca, l’assorbimento involontario delle piante potrebbe spiegare la presenza delle microplastiche nel sangue umano, sempre più riscontrata da medici e ricercatori negli ultimi anni.

Microplastiche nell’organismo umano, quali conseguenze per la salute?

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Ue “Future Brief”, un adulto ingerisce o inala dalle 39.000 alle 52.000 particelle di microplastica all’anno. Una quantità pari a 5 gr di plastica a settimana, l’equivalente di una carta di credito.

La conferma che stiamo mangiando sempre più plastica (e quindi ftalati) arriva anche da una ricerca che spiega come questo materiale sia ormai presente tanto nelle verdure quando in cibi da fast food come gli hamburger.

La crescente minaccia delle microplastiche per la salute umana è stata approfondita nel docufilm “Plastic People”, che indaga proprio sulla nostra dipendenza dalla plastica e sulle sue conseguenze.

Uno studio italiano inoltre, ha dimostrato per la prima volta i danni di queste particelle sulla salute dell’uomo. È stata rilevata la presenza delle microplastiche nelle placche aterosclerotiche, ovvero i depositi di grasso nelle arterie dannosi per il cuore, fornendo una prova inedita della loro pericolosità.

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