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Flotta fantasma russa nel Mediterraneo, indaga la DDA di Catania

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Il caso è approdato anche in Parlamento: Sergio Costa, vicepresidente della Camera dei deputati, ha depositato un’interrogazione parlamentare per fare luce su quanto rilevato dall’inchiesta di Greenpeace Italia.

Sul caso della flotta fantasma russa nel Mediterraneo, con navi sanzionate che trasferivano petrolio con altre imbarcazioni che invece possono operare senza limitazioni, ora si muove anche la Magistratura. Tutto era partito da un’inchiesta di Greenpeace Italia, anticipata anche dalla trasmissione di Rai 3, Report, domenica scorsa.

La Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Catania ha infatti aperto un fascicolo sulle attività della flotta russa, che da un lato consentirebbe di finanziare la guerra aggirando le sanzioni, e dall’altro rappresenta un grave rischio ambientale nel Mediterraneo. I trasferimenti di petrolio tra le vari navi avverrebbero in acque internazionali, quindi senza possibili interventi da parte delle autorità italiane, ma poi alcune di quelle imbarcazioni finiscono per attraccare nei nostri porti per varie operazioni commerciali.

Greenpeace Italia ha monitorato le attività di 52 petroliere al largo del Golfo di Augusta (Siracusa), dal gennaio al novembre 2024, e ha individuato 33 trasferimenti di petrolio in mare aperto. Si stima che circa 1,26 milioni di tonnellate di petrolio e combustibili (il 24% dei volumi scambiati) abbia riguardato coppie di imbarcazioni di cui una riconducibile alla flotta fantasma della Russia. Tra l’altro, quasi 1,9 milioni di tonnellate di petrolio (il 36% del totale) sono state scambiate da navi datate e non adeguatamente assicurate.

Secondo l’inchiesta di Greenpeace, l’Italia ha consentito l’attracco nei propri porti a navi sanzionate o sanzionabili, mentre alcune società italiane hanno prestato assistenza tecnica a navi facenti parte della flotta fantasma russa. Come se non bastasse, alcune di queste navi, che riescono a sottrarsi all’embargo e alle sanzioni europee, spengono radar e altri sistemi di tracciamento anche per alcuni giorni. Alcune navi della flotta fantasma, tra l’altro, commerciano prodotti petroliferi raffinati di origine russa con la Libia e altre, invece, fino a poco tempo fa erano italiane.

L’Italia e l’Europa devono rafforzare i controlli sull’applicazione delle sanzioni in mare e nei porti per fermare il commercio illegale di petrolio russo che alimenta la macchina da guerra di Putin e minaccia il Mediterraneo” – ha spiegato Sofia Basso, research campaigner Pace e Disarmo di Greenpeace Italia – “Per contrastare la crisi climatica in corso, il governo Meloni e i Paesi dell’Ue devono avere più coraggio nella transizione ecologica, riducendo rapidamento il consumo europeo di gas e petrolio (non solo russo), e vietando ogni nuova infrastruttura fossile“.

Alla luce di quanto messo in risalto dall’inchiesta, Greenpeace Italia ha chiesto al governo Meloni e all’Unione europea di identificare le petroliere della flotta fantasma russa e di sottoporle a sanzioni, in modo da vietare il commercio di petrolio. L’appello all’Europa riguarda anche la messa al bando di tutte le fonti fossili russe (compreso il gas naturale liquefatto e quello trasportato con gasdotti), il veto a nuove infrastrutture di sfruttamento di fonti fossili in generale, la rapida riduzione dei consumi di gas e petrolio e l’eliminazione del gas entro il 2035.

Da tre anni i pacifisti sono accusati di fare il gioco di Putin, ma la nostra inchiesta rivela che a fare gli interessi di Mosca sono in realtà società private che continuano a fornire servizi alle navi della flotta fantasma russa. Mancano le necessarie verifiche e una sufficiente vigilanza delle autorità italiane. Complice è anche l’Unione europea, responsabile di un sistema di sanzioni lacunoso e facilmente violabile pur di non rinunciare del tutto alle fonti fossili russe” – ha aggiunto Sofia Basso di Greenpeace Italia – “Il risultato è che alcune navi della flotta fantasma russa sono riuscite ad aggirare l’embargo sul petrolio sotto il naso dell’Italia, contribuendo a finanziare la guerra in Ucraina. L’Ue prevede il phase-out delle fonti fossili russe solo per il 2027, quando Mosca avrà auspicabilmente smesso di bombardare l’Ucraina. Troppo tardi sia per i civili sotto il fuoco russo da tre anni, sia per il Pianeta sconvolto dai cambiamenti climatici“.

Intanto, il caso della flotta fantasma russa sta per approdare anche in Parlamento. Sergio Costa, deputato del Movimento 5 Stelle, attuale vicepresidente della Camera e già ministro dell’Ambiente, ha appena depositato un’interrogazione parlamentare per fare chiarezza. “Il tema è che Greenpeace, che voglio pubblicamente ringraziare, ha approfondito e scoperto che nel corso del 2024, al largo delle coste della Sicilia, ci sono stati molteplici scambi tra navi fantasma riconducibili alle flotte russe e altre navi (presumibilmente italiane o comunque con accesso a porti italiani) di circa 1,9 milioni di tonnellate di petrolio e altri combustibili fossili” – ha spiegato Sergio Costa a TeleAmbiente – “Il tema più grave dal punto di vista del diritto internazionale è la violazione dell’embargo, ma poi ci sono scambi di ingenti quantità di petrolio e soprattutto il rischio per l’ambiente, dal momento che ci sono navi inadeguate e non controllate che possono provocare perdite. Com’è possibile, come riporta Greenpeace, che nel Mediterraneo, al largo delle coste siciliane, tutto questo avvenga e nessuno si accorge di niente?“.

Da parlamentare faccio una ulteriore riflessione: perché se ne accorge Greenpeace, un’associazione di volontari, e non se ne accorgono le Capitanerie di Porto e la Marina Militare con tutte le tecnologie più sofisticate? Dove sono avvenuti questi scambi, in acque italiane o internazionali?” – ha aggiunto il vicepresidente della Camera dei deputati – “E queste navi che hanno ricevuto ingenti quantità di petrolio e altri combustibili fossili, dove hanno attraccato? Per chi lavorano veramente, visto che si parla di flotte fantasma? Di che commercio parliamo? È un fatto molto grave“.

Alla luce di questa vicenda, ho depositato un’interrogazione parlamentare affinché il governo risponda in aula su cosa è realmente successo. Tra l’altro, in modo che la loro risposta rimanga ‘scolpita nella roccia’, mi aspetto che il governo risponda per iscritto. Non è ammissibile che nessuno sappia niente e che se ne accorga solo una associazione di volontari, è un fatto che richiede chiarezza a favore di tutto il popolo italiano” – ha concluso Sergio Costa – “Cos’è successo veramente? Cosa sta succedendo al largo delle coste della Sicilia? Ho già depositato l’interrogazione ma sto raccogliendo un numero supplementare di firme di colleghi interessati. Non pongo limiti di colore o di appartenenze, perché la ritengo una questione di violazione del diritto internazionale e delle norme vigenti nel territorio nazionale italiano. Altri colleghi, via via, si stanno aggiungendo“.

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