Anche quest’anno inizia in Cina l’evento condannato in tutto il mondo: il festival della carne dei cani di Yulin, che si svolge in questa città dal solstizio d’estate per dieci giorni: cani rubati ai padroni, torturati e trasformati in cibo. Le associazioni animaliste ne chiedono da sempre la messa al bando.
Nato nel 2010 ma consolidato da antiche feste locali, il Festival di Yulin vede la macellazione di decine di migliaia di cani. In Cina vengono uccisi ben 10 milioni di cani ogni anno, su 30 milioni di quelli che nel mondo finiscono sulla tavola e, quello che è ancor più grave, è che ben il 70% di essi viene sottratto ai legittimi proprietari in modo illegale, quasi sempre dai macellatori stessi, sia nelle case e negli allevamenti di campagna, ma sempre più spesso anche nelle grandi metropoli cinesi.
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Una tradizione che ancora non si riesce a fermare. Sono tre le aree principali dove avviene la macellazione del cane: Jiangsu, Jilin e Guangdong, luoghi noti anche per i molteplici furti di cani di proprietà. I cani trasportati nei camion sono stipati in gabbie strette, senza cibo e acqua. Molti muoiono durante il trasporto per lo stato di grave sofferenza. Il consumo di questi amati d’affezione per uso alimentare è pericoloso per la trasmissione della rabbia all’uomo ma ciò non sembra turbare il popolo cinese.
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Organizzazioni internazionali come la Peta e la World Dog Alliance hanno aperto delle petizioni che contano a tutt’oggi su un numero spropositato di firme, centinaia di migliaia di adesioni che vengono poste di fronte al governo cinese per chiedere l‘abolizione di questa macabra ricorrenza e, in generale, di impedire la macellazione e la ristorazione canina, punti che sono già passati, per fortuna, sotto forma di legge in alcune città della Cina.
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Per l’Italia, dove non vige il divieto di macellazione e consumo di carne di cane e di gatto, ma dove una solida tradizione animalista ha portato alla sparizione del fenomeno, c’è una proposta di legge dell’11 giugno firmata dalla fondatrice del Movimento Animalista, Michela Vittoria Brambilla, che punta a sostenere, sia finanziariamente che con l’appoggio del governo italiano, la World Dog Alliance nella sua battaglia per impedire che la carne di cane finisca sulle tavole del mercato asiatico.