Farmaci che inquinano i nostri fiumi, lo studio e il caso del Tevere

“I problemi sanitari sono legati non tanto alla tossicità del farmaco ma ad un’esposizione cronica a piccole quantità per periodi prolungati”. Il prof. Matteo Vitali spiega a TeleAmbiente i risultati dello studio sulla presenza dei farmaci nei nostri fiumi.

In uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Science da un team di ricercatori dell’università di York sono stati esaminati 258 fiumi in tutto il mondo, dal Mississipi al Rio delle Amazzoni, per misurare la presenza di 61 farmaci. Il risultato? Concentrazioni a livelli potenzialmente tossici in più di un quarto delle località studiate.

Ma le acque del fiume Tevere di Roma non sono da meno: è stata rilevata una concentrazione elevata di anti-diabetici. Abbiamo chiesto al prof. Matteo Vitali del Dipartimento di Sanità pubblica e Malattie infettive Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza in che modo i farmaci finiscono nei nostri fiumi.

Cozze con microchip per monitorare l’inquinamento del Lago d’Orta

La via di accesso ai fiumi dei farmaci è molto semplice: tutto il consumo dei farmaci della popolazione mondiale viene eliminato dal nostro corpo tramite feci e urine che confluiscono, se non presenti impianti fognari o di depurazione, direttamente nell’ambiente, oppure, come succede come per il Tevere, attraverso l’impianto fognario che dalle nostre case raccoglie tutte le acque reflue e le porta all’impianto di depurazione, questo ha come recettore finale un’acqua superficiale, o fiume o mare.  – afferma il prof. Vitali – Dato che gli impianti di depurazione delle acque reflue non hanno come target farmaci o loro metaboliti, questi vengono in parte fermati, ma in parte passano per l’acqua reflua che si mescola con l’acqua dei fiumi. Ma questa non è una questione nuova: è dal 1995 che si dibatte questo argomento“.

Sempre secondo lo studio ci sono forti correlazioni tra lo stato socioeconomico di un Paese e il maggiore inquinamento dei prodotti farmaceutici nei suoi fiumi. “Dove è maggiore il consumo di farmaci, quindi dove c’è più disponibilità alla spesa, è maggiore il livello dei farmaci nei corpi idrici”, afferma il prof. Vitali.

Il problema della presenza di residui di farmaci nell’acqua potabile è reale ma a Roma non c’è perché l’acqua viene approvvigionata da acque protette. Dove questo avviene da falde superficiali o da fiumi o laghi è possibile la presenza di questo fenomeno.

“Il problema sanitario può derivare sia dalle acque dei fiumi sia dalla presenza di tracce piccole di questi farmaci nell’acqua del rubinetto. L’acqua è un ciclo, se inquino una parte anche una piccola quota posso trovarmela a rubinetto. I problemi sanitari sono legati non tanto alla tossicità del farmaco ma ad un’esposizione cronica a piccole quantità per periodi prolungati“, spiega il prof. Vitali.

Roma, inquinamento alle stelle: livelli di biossido d’azoto tre volte la norma

Altro effetto da considerare è quello in un’ottica di salute detta “One Health”, dove la salute dell’ambiente e correlata a quella degli animali, dei vegetali e dell’uomo. “L’immissione di farmaci, specie gli antibiotici, nell’ambiente impatta sulle popolazioni microbiche ambientali determinando, da una parte perdita di biodiversità, dall’altra la possibile insorgenza di batteri resistenti agli antibiotici che vanno ad aumentare il problema della resistenza agli antibiotici stessi, problema molto grave nel trattamento delle malattie infettive“.

“Per prevenire questo problema da molti anni le autorità sanitarie a livello internazionale e mondiale hanno introdotto nei dossier della registrazione dei medicinali uno studio obbligatorio sul destino ambientale dei farmaci e dei loro metaboliti. – ci spiega il professore –  Un farmaco nuovo prima dell’immissione in commercio deve mostrare che ha una buona biodegradabilità e non tende a persistere e ad accumularsi nell’ambiente.

Conclude: “Per quanto riguarda oggi, purtroppo, quello che si può fare agire sugli impianti di depurazione  a livello di innovazione per trattenere questi farmaci, ma è molto complesso“.