
Clima. Continuano le proteste di Extinction Rebellion, gli ambientalisti che stanno bloccando Londra. Sit in anche davanti alla Borsa e alla Bank of China. Le differenze con il movimento di Greta e gli obiettivi del movimento: la democrazia diretta per salvare il pianeta dalla distruzione.
Continuano a Londra le proteste di Extinction Rebellion il movimento ambientalista non violento che lotta contro il cambiamento climatico, la biodiversità e, soprattutto, l’estinzione umana (la sesta, che staremmo al momento vivendo).
Nell’ultima settimana gli attivisti di Extinction Rebellion, abbreviato in XR, hanno manifestato e continuano a manifestare, in migliaia a Londra, paralizzando la City. Cortei e sit-in per portare l’attenzione sul problema della distruzione del pianeta e per denunciare l’inerzia dei governanti riguardo i cambiamenti climatici. Slogan come: “Non c’è un piano B“, “Salvare la Terra ora“, “Questa è un’emergenza” sui loro striscioni.
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Destinatari della protesta pacifica non solo i governi, sui quali continua a rimanere l’attenzione primaria del movimento, come ha spiegato il portavoce di XR Adam Woodhall, ma anche il sistema finanziario globale, a motivo della suo potere, perché questi soggetti si assumano la responsabilità del “nostro presente e del nostro futuro”. Così giovedì 25 aprile la protesta è arrivata alla Borsa di Londra (London Stock Exchange), bloccandone i lavori.
"We need government and the finance industry to be taking responsibility" @adamwoodhall explains why protesters are blocking the entrance to the #London Stock Exchange#ExtinctionRebellionpic.twitter.com/orZHKFxy3u
— nonouzi (@Gerrrty) April 25, 2019
Sit-in anche davanti alla Bank of China, come forma di protesta/speranza che l’industria finanziaria riconosca il proprio ruolo nell’emergenza climatica, e cessi di finanziare l’industria petrolifera. Qui uno striscione giallo, srotolato lungo il marciapiede annunciava il tempo rimanente: “12 anni per salvare il pianeta”.
Extinction Rebellion, fondato da Roger Hallam, del King’s College di Londra e Gail Bradbrook, dell’Università di Manchester e sostenuto da quasi 100 accademici nel Regno Unito, e anche dall’ex arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, oggi conta circa 300 gruppi in 50 diversi Paesi. Appare come l’ “alterego” accademico del movimento giovanile Fridays for Future, capeggiato da Greta Thunberg, con cui ha in comune la preoccupazione per le conseguenze derivanti dai cambiamenti climatici associata alla volontà di spingere i governi ad adottare le misure necessarie.
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Tra i 50 Paesi in cui è attivo, c’è anche l’Italia. Qui la figura di riferimento è Marco Bertaglia, ricercatore presso il centro europeo di Ispra, specializzato in sostenibilità, con un curriculum di studi internazionale (laurea in scienze forestali e ambientali a Torino, master a Lovanio, dottorato in Germania).
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All’Agi, Bertaglia ha spiegato che nel nostro Paese i gruppi più consolidati sono quelli di Milano, Roma Torino e che la differenza con il movimento di Greta Thunberg, “sta nell’accento che i Fridays for Future mettono soprattutto sulla questione del clima, mentre noi guardiamo molto anche alla perdita della biodiversità e alle crisi ecologiche in generale, puntando alla radice del problema, al nostro modo di vita, al sistema che ha impatti multipli sull’ambiente e sulla società. Il cambiamento climatico è sicuramente molto grave, una delle cose più preoccupanti, uno dei sintomi, ma il combattimento si deve spostare sulla causa”.
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“Azioni forti”, questa l’ambizione degli ambientalisti di XR: “Quel che è certo è che la protesta non si può esaurire in piccole azioni che, pur avendo una loro importanza, quando finiscono, tutto torna come prima. Ci deve essere un’incisività maggiore. L’ambizione è quella di promuovere azioni forti di disobbedienza civile di massa. E ben vengano tutte le manifestazioni che servono a far sentire la propria voce, anche le petizioni, le marce, ma non hanno sortito quegli effetti indispensabili a cambiare radicalmente una situazione che sta diventando davvero catastrofica”.