Il paradosso: l’altoforno a carbone Afo1, risalente a oltre mezzo secolo fa e inattivo dal 2023, tornerà in funzione ma sarà spento di nuovo tra qualche settimana per le necessarie manutenzioni.
C’è grande attesa a Taranto per l’arrivo di Adolfo Urso. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, infatti, è atteso nello stabilimento dell’ex Ilva per ‘celebrare’ la riattivazione dell’altoforno a carbone Afo1 (fermo dal 2023), ma difficilmente troverà un’accoglienza trionfale. Gli ultimi giorni e le ultime ore, infatti, sono stati caratterizzati da polemiche e proteste, non solo da parte dei cittadini e delle associazioni ambientaliste.
Il sindaco Melucci assente
Il primo a dissociarsi, infatti, era stato Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto e presidente della provincia, che giorni fa aveva annunciato di non voler prendere parte alla cerimonia alla presenza del ministro Urso. “Declino l’invito per rispetto verso le sofferenze della comunità e con l’intento di non ingegnerare confusione nell’opinione pubblica sugli sforzi istituzionale che ci vedono esclusivamente nella direzione di una riconversione radicale del ciclo produttivo” – aveva spiegato il primo cittadino tarantino – “C’è la necessità di garantire una continuità produttiva che possa obbligare a scelte tecniche transitorie. A patto, però, che questa transitorietà sia davvero tale“.
Peacelink: “Cerimonia buffa”
Molto critica sull’evento, l’associazione Peacelink. “Una cerimonia buffa, di solito le cerimonie celebrano qualcosa di innovativo e motivo di orgoglio. Qui invece si riattiva un pezzo da museo, l’altoforno 1 della vecchia Italsider che risale a ben 60 anni fa. L’impianto è così vecchio e malconcio che, nonostante la riattivazione odierna, sarà presto fermato per nuove manutenzioni per via dei problemi strutturali alla parte più delicata, il crogiolo. Si tratta della parte in cui la ghisa fusa viene separata dalle scorie e proprio lì risiedono i maggiori problemi tecnici. Che senso ha inaugurare un impianto vecchio e già destinato a fermarsi di nuovo per riparazioni?” – il commento del presidente, Alessandro Marescotti – “È come se oggi la Fiat presentasse una 1100 malconcia di 60 anni fa e non un’auto elettrica, moderna e all’avanguardia. L’ex Ilva è tecnicamente fallita, lo ha confermato anche il ministro Urso, è in vendita al miglior offerente ed è una incredibile realtà malata: produce, inquina e perde un mare di soldi. Chi paga? Soprattutto noi contribuenti, dato che migliaia di lavoratori sono in Cigs. Il vero problema però è l’impatto ambientale e sanitario, lo conferma il picco di benzene registrato a Taranto domenica mattina“.
Fiom-Cgil: “Lo Stato entri nel capitale”
Diverse, invece, le istanze di alcuni sindacati. Come la Fiom-Cgil, i cui delegati questa mattina hanno distribuito volantini in cui si chiede un intervento pubblico per garantire sia la tutela ambientale che la salvaguardia occupazionale. “Il governo deve entrare nel capitale dell’ex Ilva per impedire quanto accaduto in passato. Serve un piano industriale di rilancio produttivo per i lavoratori di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, di Ilva in a.s. e dell’appalto, con l’introduzione di linee guida della Viias (valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario)” – spiegano dalla Fiom-Cgil – “Abbiamo fortemente richiesto una presenza pubblica e criticato l’opzione di vendere separatamente gli stabilimenti del gruppo. La vertenza si risolve solo tenendo insieme tutti i lavoratori degli stabilimenti, anche per non indebolire ulteriormente la stessa strategicità della siderurgia per il nostro Paese“.
I cittadini: “Foglio di via per Urso”
Nel primo pomeriggio, in attesa dell’arrivo del ministro Urso e della ‘cerimonia’ prevista alle 16.30, c’è stato anche un sit-in di alcuni cittadini di Taranto davanti alla portineria C dello stabilimento di AdI. “L’atto che il ministro viene a compiere è incompatibile con le sentenze europee che hanno condannato lo Stato italiano ed è un vergognoso tentativo di affermare che quel catorcio di fabbrica non stia cadendo a pezzi. Vogliamo consegnare a Urso un simbolico foglio di via, perché accenderà l’altoforno nonostante la fabbrica sia di fatto illegale, perché gli impianti sono in marcia senza autorizzazione integrata ambientale, in violazione della normativa europea sul diritto ambientale” – spiegano gli aderenti alla protesta – “Per questo, e in violazione dell’art. 32 della Costituzione, i cittadini vietano al ministro Urso l’ingresso in città finché la fabbrica sarà definitivamente chiusa. Riattivare un altoforno che a breve sarà di nuovo spento è una barzelletta che non fa ridere, perché ha a che fare con la salute e la vita di tutti noi. Si tratta di una recita macabra che assume le sembianze di un affronto alla dignità di un intero territorio, una misera ‘marchetta’ per cercare di abbindolare i possibili acquirenti“.
Turco (M5S): “Cerimonia paradossale per vendere il vecchio catorcio”
“Una cerimonia paradossale per decretare il ritorno ad un passato ancora nero, a carbone. Nulla di cui essere orgogliosi“. Così, in modo lapidario, si è espresso invece il senatore tarantino del Movimento 5 Stelle, Mario Turco.
“Si riattiva una vecchia carcassa da museo, ma l’impianto, dopo che sono stati spesi ingenti soldi pubblici, dovrà presto essere nuovamente fermato per manutenzioni” – ha spiegato il senatore e vicepresidente del M5S – “Quella di oggi è l’ennesima presa in giro. Un estremo tentativo di convincere qualcuno ad acquistare il vecchio catorcio, nascondendo che l’ex Ilva ha prodotto inquinanti, morti, perdite economiche e oltre 10 miliardi di euro di debiti che hanno pagato tutti i cittadini italiani con i fallimenti che si sono succeduti. Con la cerimonia di oggi si vuole nascondere la polvere sotto il tappeto, dimenticando la salute e la vita dei cittadini di Taranto“.