Donald Trump (salvo sorprese) ha vinto le elezioni negli Stati Uniti d’America. La sua rielezione porterà a un ritorno del negazionismo climatico alla Casa Bianca. Oltre a importanti revisioni sulle misure ambientali di Biden.
Ormai sembra quasi certo: Donald Trump ha vinto le elezioni negli Stati Uniti. E con il Tycoon alla Casa Bianca potremo dire addio alla speranza di fermare il cambiamento climatico. Almeno questo è il timore di tanti ambientalisti in giro per il mondo che guardano con preoccupazione ai risultati delle elezioni negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti sono la maggiore economia del mondo e il secondo stato (dopo la Cina) a emettere nell’atmosfera più anidride carbonica, un gas a effetto serra tra i più pericolosi. Inoltre Washington è anche tra i maggiori produttori di petrolio e gas naturale, il cui utilizzo causa il cambiamento climatico.
È chiaro, dunque, perché dal risultato di queste elezioni americane dipende il futuro della lotta alla crisi climatica.
Cosa dobbiamo aspettarci, dunque, dal ritorno di Trump nello studio ovale?
Elezioni Usa, quale scenario climatico in caso di vittoria di Donald Trump
Ciò che è assolutamente certo è che con Trump alla Casa Bianca tornerà anche il negazionismo climatico.
Il presidente-eletto Donald Trump ha definito qualche giorno fa il cambiamento climatico “una delle più grandi truffe di tutti i tempi” per poi aggiungere che il pianeta di recente si è anche un po’ raffreddato. Una notizia assolutamente falsa che dimostra non solo che Trump intende negare l’evidenza dei cambiamenti climatici in corso e la loro origine antropica, ma non teme neanche di usare notizie palesemente false per avallare la sua tesi.
Ma attenzione! Guai a pensare che l’arrivo di Trump alla Casa Bianca possa significare solo un ritorno di un certo tipo di retorica anti-crisi climatica. La sua seconda presidenza avrà conseguenze tangibili sulla lotta al riscaldamento globale.
Il primo pericolo è che Trump faccia di nuovo ciò che fece nel 2020 quando decise di portare gli Stati Uniti fuori dall’Accordo di Parigi sul clima.
Si tratta di un accordo con il quale quasi tutti gli stati del mondo nel 2015 si impegnarono a fare di tutto per mantenere il riscaldamento globale causato dai combustibili fossili “ben al di sotto” dei 2°C, cioè quella soglia che gli scienziati hanno indicato come quella da non superare per evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica.
Durante la sua prima presidenza, Trump era uscito da questi accordi e ha promesso che lo farà di nuovo, come uno dei primi atti della sua seconda presidenza.
Ma l’obiettivo principale di Trump nella sua lotta negazionista e pro-combustibili sarà distruggere l’Inflation Reduction Act, il piano che il presidente uscente Joe Biden ha implementato per tagliare le emissioni di CO2.
Un piano che contiene incentivi per la produzione di energia eolica e solare, per la fabbricazione di batterie e per l’acquisto di veicoli elettrici. Uno smantellamento tout court del piano di Biden è impossibile perché per farlo serve il sostegno del Congresso e nemmeno i repubblicani darebbero l’ok alla cancellazione di progetti che hanno portato nei loro distretti diverse centinaia di migliaia di dollari di investimenti green che hanno creato posti di lavoro e nuove entrate. Ma secondo gli analisti Trump sarebbe pronto a chiudere i rubinetti per i progetti non ancora partiti. Così da dare nuovo slancio al settore petrolifero, grande sostenitore della corsa di Trump alla Casa Bianca.
Non è un caso che durante il discorso a Palm Beach in cui Donald Trump si è auto-dichiarato vincitore (i numeri, a dire il vero, non lasciano troppe speranze ai democratici) ha citato proprio il petrolio. Lo ha definito “l’oro liquido” di cui gli Stati Uniti abbondano e che sarà utilizzato, ha concluso Trump, per risollevare l’economia USA.