Nelle scuole l’educazione sessuale è praticamente assente e i giovani imparano la materia su internet o attraverso la pornografia
Se l’educazione sessuale non arriva dalla scuola, allora proviene dal web, ribadendo, ancora una volta, il rapporto complesso tra i giovani e la sessualità. A confermarlo sono due studi, realizzati da Save The Children e da Webboh Lab, per riflettere sul questo tema.
Lo studio di Save The Children
La ricerca di Save The Children “L’educazione affettiva e sessuale in adolescenza: a che punto siamo?”, realizzata in collaborazione con Ipsos, mostra che, ad oggi, solo il 47% degli adolescenti, ossia meno di uno su due, ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola, una percentuale che scende al 37% al Sud e nelle Isole. Nella maggior parte dei casi, l’educazione sessuale a scuola è stata affrontata in modo sporadico: il 44% ha parlato di lezioni durate solo per qualche settimana, il 32% di un unico evento di una giornata. Senza contare che il 91% dei genitori ritiene utile l’educazione affettiva e sessuale come materia obbligatoria a scuola.
Il dialogo con i genitori
Il lato positivo è che sono stati fatti passi in avanti nel dialogo tra giovani e genitori sui temi della sessualità. Il 68% dei giovani ha ricevuto un’educazione sessuale in famiglia con una maggiore prevalenza tra i ragazzi e le ragazze della fascia d’età 14-15 anni. Guardando ai genitori, il 75% si sente a proprio agio a parlare di sessualità con i figli e più di uno su 10 si è trovato ad affrontare le relazioni tossiche e potenzialmente pericolose dei propri figli. Tuttavia il 92% dei genitori ritiene importante ricevere un supporto informativo, proprio per poter discutere liberamente di queste tematiche con i figli.
Le fonti di informazione dei giovani
Ma se i giovani non praticano l’educazione sessuale a scuola, dove si informano? Dalla ricerca di Save The Children emerge che il 47% sceglie internet e articoli online mentre il 22% utilizza libri o manuali scientifici, in particolare per approfondire il tema delle malattie sessualmente trasmissibili. Il 22% utilizza video pornografici, ma una buona percentuale, il 46%, si rivolge ai genitori per il tema delle malattie e della salute.
La pornografia e gli stereotipi
Dalla ricerca emerge che ci sono ancora tanti stereotipi radicati nei giovani. Per esempio un adolescente su 4 ritiene che la pornografia sia una rappresentazione realistica dell’atto sessuale e il 43% degli intervistati concorda con l’idea che il sesso sia sempre piacevole per entrambi i partner. Infine il 12% ritiene che il sesso online abbia lo stesso valore di quello dal vivo.
I servizi sanitari
La mancanza di un’educazione sessuale nei giovani la si evince anche dallo scarso accesso ai servizi sanitari e ai consultori. L’82% del campione non ha mai fatto un test HIV e solo il 12% è stato in un consultorio, con una percentuale leggermente maggiore tra le ragazze (15%). Infine solo il 24% degli adolescenti saprebbe con certezza a chi rivolgersi in caso di urgenze legate alla sessualità.
Gen Z e pornografia
Il report “Gen Z e pornografia” è stato realizzato da Webboh Lab in collaborazione con Parole O_Stili per analizzare il rapporto tra i giovani e la pornografia, l’utilizzo delle piattaforme online e i loro potenziali rischi. Anche in questa ricerca emerge lo scarso ruolo della scuola, perché oltre il 52% del campione ha dichiarato di informarsi tramite Internet e solo il 37% attraverso la scuola. In presenza di dubbi il web rimane la prima fonte di risposta (52,7%), che supera di parecchio il dialogo con i genitori (27,8%) e con i professionisti sanitari (9,4%).